L'ultimo trofeo di una carriera gloriosa non è arrivato. Sabato scorso Christian Abbiati sperava di alzare la Coppa Italia al cielo, per chiudere nel migliore dei modi con il calcio giocato. Non ci è riuscito, ma qualcosa da conservare di quella serata c'è comunque.
"Mi piacerebbe si ripartisse dalla Juventus" - si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport - "Questa rosa non era da 7° posto. Con il giusto atteggiamento si potrebbe tornare a puntare la Champions già il prossimo anno. Ci sono stati 4-5 elementi che non hanno fatto quanto gli veniva chiesto. E non parlo di errori tecnici. Il fatto è che se ce n’è solo uno lo controlli e lo isoli, ma cinque sono tanti ed è tutto molto più complicato. Se chiudo gli occhi e ripenso al Milan fino al 2011, vedo un’altra squadra, sotto tutti i profili. Io ragiono secondo certi valori che mi hanno trasmesso Albertini, Costacurta e Maldini. In carriera sono stato multato solo una volta, per un ritardo. Mi ero addormentato. Non sto dicendo che a quell’epoca vivessimo in clausura, ma quando ci allenavamo andavamo a mille all’ora. Se si perde male, a me non viene nemmeno in mente di farmi vedere all’Hollywood. Ormai ero arrivato a un punto in cui il lunedì mattina avevo ansia quando uscivo di casa. Per come andava la squadra mi vergognavo a uscire, anche se la mia coscienza era pulita".
A Roma non è sceso in campo neanche un minuto: "Nessun problema. In realtà avevo già staccato la spina ed era giusto che con Brocchi, che è il mio migliore amico, fossi schietto. Ma la mia decisione è dipesa anche dalle prospettive per il prossimo anno: arrivavo dall’attico, sono sceso al pianterreno e rischiavo di finire nel sottoscala. Una questione mia di dignità e orgoglio. Ho pensato di smettere dopo il mio sfogo col Chievo, a metà marzo. La decisione definitiva è arrivata dopo il Bologna: avevo fatto il pieno. Vi faccio un esempio emblematico: quando Bacca fu sostituito col Carpi e lasciò il campo senza aspettare la fine e senza salutare chi entrava, nello spogliatoio lo ribaltai. Ebbene, mi sono girato e non c’è stato nessuno che mi abbia supportato. Evidentemente certe cose o non si hanno dentro, o proprio non interessano. Ai miei tempi Gattuso avrebbe tirato fuori il coltello".
Per ora la prende bene l'ex portiere rossonero, ma poi... "Inizierò a soffrire a metà luglio, quando la squadra andrà in ritiro e io non ci sarò. La realtà è che non mi sono ancora sfogato, non ci ho ancora fatto su un bel pianto. Avrei voluto che succedesse a San Siro con la Roma, ma nulla. Prima o poi crollerò, in privato. Mi mancherà da matti lo spogliatoio. E non rimpiangerò i ritiri punitivi. Sentirti in gabbia a 38 anni non è il massimo". Abbiati torna sulla situazione societaria: "Berlusconi? Capisco l’esigenza di avere liquidità fresca, ma non ce lo vedo un Milan senza di lui. Spero che tenga duro e resti dov’è. Rimanere? Mi piacerebbe molto. Mi vedrò con Galliani, ma non abbiamo un vero appuntamento e non sarò io a bussare in sede. Però ho bene in mente in cosa potrei esser utile al club. Faccio un esempio: viene da me l’allenatore e mi spiega che quel certo giocatore non si sta comportando bene. Ecco, io sarei quello che va a prenderlo a calci nel culo".
Brocchi? "Non so se resterà, di certo con lui si può iniziare un progetto. Per come piace il calcio a Berlusconi, Cristian è l’uomo giusto, ha ottime idee. Ma personalmente non avrei cambiato Mihajlovic: mancava troppo poco alla fine".