E’ ancora Juventus contro Real Madrid, storia di incontri e scontri in quelle che Allegri in conferenza stampa ha definito “serate di gala”. Una di queste, nel 1998, venne decisa da un gol di Pedrag Mijatovic, che diede la Champions League ai blancos nella finale di Amsterdam. Con il club madrileno l’ex attaccante ha scritto la storia anche da dirigente e sulle pagine della Gazzetta dello Sport ricorda gli intrecci (di campo ma anche di mercato con i bianconeri).
“Continuate a dire che era fuorigioco, ma guardate Pessotto: è fuori dall’inquadratura, potrebbe tenere tutto in gioco…", dichiara il montenegrino ritornando ancora una volta sul gol che anni fa decise la partita che diede al Real Madrid la sua settima Champions League. Mijatovic ribadisce che il suo gol non era in fuorigioco, poi passa a parlare della sua carriera da dirigente: “Nel gennaio 2007 ero il ds del Real. Mi avevano parlato di un talento ma volevo vedere con i miei occhi. Ricordo un derby col Boca in cui Gonzalo Higuain segnò: aveva movimenti, coraggio, chiedeva palla in quella guerra. Tutte cose che valgono più di un gol. Franco Baldini non era convinto, la scommessa è stata mia: convinsi Capello a non mandarlo in prestito e segnò reti decisive per il titolo. Non sentiva i fischi del Bernabéu: personalità e zero paura”.
Questa sera Higuain sarà contro il Real Madrid, club che al momento di scegliere tra lui e Benzema puntò sul francese: “Quando bisognava scegliere, Florentino ha preferito quello che ancora oggi è il nove del Real: è normale, quello era un suo acquisto. Ma ti assicuro che Gonzalo non ha niente di meno: qui ha segnato a raffica. E poi ha superato l’esame Italia: farne 25 da voi, ancora adesso, equivale a farne 40 qui in Spagna. Gli argentini lo criticano? Nel Mondiale anche a Messi ha sbagliato delle occasioni, la prestazione di Gonzalo vanno sempre contestualizzate. Ma qualunque allenatore sano di mente lo vorrebbe con sé. Quando dicono che è sovrappeso, rido: ma se segna sempre?".
Da un attaccante argentino all’altro, Dybala è l’uomo delle grandi notti europee e un anno fa ai quarti, eliminò quasi da solo il Barcellona: “Quanto mi piace Paulo - continua Mijatovic - ha fiuto e cervello fino. I compagni lo cercano sempre, significa che è speciale. Ma ha bisogno di stare al centro del mondo. Qualcuno dovrebbe dirgli: 'costruiamo la squadra intorno a te'. A quel punto potremmo valutarlo a livello top: se accetterà il ruolo di leader diventerà un campionissimo”. E ancora su Buffon: “L’età è un trucco. Conosco ventiquattrenni vecchi e ultra trentenni giovanissimi. Uno di questi è Gigi, l’anno scorso lo guardavo e dicevo “non è possibile”. Magari in Nazionale poteva cedere la leadership prima, ma alla Juve vada avanti finché vuole e insegni ai giovani la fatica”.
L’ex attaccante torna poi a parlare anche dell’ultima finale che ha visto protagonista le due squadre: “L’avevo detto prima, statistiche alla mano il Real le finali le vince e la Juve perde. Ma su due gare non c’è un avversario peggiore: i bianconeri pensano in 180', gestiscono il tempo, interpretano i momenti mentre le altre squadre sono impazienti. Poi lottano insieme e insieme si rialzano. Quella sera la Juve ha visto l’incubo con i propri occhi, ha capito come e dove può fare il male il Madrid: è cambiata nell’esperienza. Il Real è più giù rispetto ad allora ma in Europa ha una tranquillità unica. Appartiene al club, ad esempio noi nel '98 gestimmo la paura di trovarci di fronte Zizou e del Piero. Poi questo Real ha Ronaldo… Se nella storia c’è stato un giocatore così io non l’ho mai visto. In Europa non c’è una ricetta, contano le sensazioni. Sapete dove si è decisa la finale del 2017? Nel riscaldamento: Madrid sereno, Juve frenetica, il nervosismo era scolpito nei volti. La Juve non ha mai davvero dominato, correre di più di più non significa giocare meglio“.
Infine si torna a parlare di quel gol del '98 in una gara che Mijatovic giocò da infortunato: “Non potevo rinunciare al sogno. Poi festeggiamo con lo champagne della Juve: sono stati dei signori a darcelo e ancora oggi ovunque nel mondo trovo un italiano che mi urla qualcosa. Se mi insulta mi giro dall’altro lato ma ormai fanno soprattutto battute. Gli interisti invece continuano a ringraziare. La VAR? Se usata con moderazione nei momenti giusti mi piace molto; cosa avrebbe visto quella sera? Avrebbe visto Pessotto…”.