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Data: 28/03/2017 -

"Ho voglia di una nuova sfida. Alla Roma tornerei a piedi. Mainz? In panchina senza un perché”. A tutto Curci

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Musica alta e strilli. “Pronto, disturbo?”. “No no, sto solo giocando con i miei figli, non stanno fermi un attimo”. Papà Gianluca Curci ha occhi solo per loro. Dopo la risoluzione con il Mainz del gennaio scorso “sono loro la mia occupazione principale”, ammette in esclusiva ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com. Genitore e ovviamente calciatore, anche se attualmente senza squadra: “Mi alleno tutti i giorni a Roma con un preparatore personale. Aspetto una chiamata”. Fin da subito. Infatti fino al 31 marzo potrà firmare un contratto da svincolato e il suo agente Tavano lavora per questo. “Italia o estero? Va bene tutto, basta che sia un progetto interessante”. Ma un’eccezione c’è, questione di cuore. “Alla Roma tornerei anche a piedi, senza pensarci”.

Progetto dicevamo, quello che sembrava fosse il Mainz, ma così non si è rivelato. “Il primo anno ho fatto il secondo a Karius, poi quest’anno durante il ritiro estivo ero stato scelto come titolare. Ho giocato tutte le amichevoli, risultando spesso il migliore in campo. Avevo la fiducia, poi a causa di un piccolo infortunio al polpaccio, mi hanno fatto fuori e hanno scelto un altro. Senza una spiegazione. L’altro sarebbe il danese Lössl, portiere danese pagato 3 milioni di euro dal Guingamp. Curci non lo nomina mai. Si nota la delusione di una scelta divenuta con il tempo inspiegabile. ”Il portiere di quest’anno ha fatto davvero dei danni, ha tolto al Mainz almeno 6-7 punti. Sono a +2 dalla zona retrocessione e con quei punti lotterebbero per l’Europa. Perché lui e non io? Non so il motivo, ma credo che tutto dipendesse da un fatto economico. Avevano paura che dessi fastidio ad un portiere pagato 3 milioni di euro, svalutandone il valore”. Vabbè sarà l’invidia, direte voi. Difficile, visto che “nel gruppo ero ben voluto, ero davvero il punto di riferimento per i miei compagni. Essendo il più ‘anziano’ in rosa, mi chiedevano consigli, suggerimenti. Mi allenavo a duemila, si vedeva la differenza. Tutti mi chiedevano perché non giocassi, alcuni sono anche andati dall’allenatore per capire il motivo”. Risposte? Nessuna: “L’allenatore non mi parlava. Ho chiesto spiegazioni allo staff, ma mi ripetevano sempre che avevano paura di una ricaduta. Ma se non mi date una possibilità di giocare come faccio a dimostrare il mio valore?”. Da lì la scelta di risolvere il contratto. Ho preferito tornare a casa a Roma ad allenarmi. Tanto che sto a fare al Mainz se non ho la possibilità di lottarmi il posto?”.

ROMA, ERRORI DI GIOVENTÙ

“A gennaio c’era stato l’interesse del Bari e dell’Arezzo, ma ho preferito aspettare una chiamata dalla Serie A. Posso ancora dare molto. Curci è un veterano. Esordio in Serie A nel 2004, con una maglia importante come quella della Roma: Ho esordito molto giovane, subito in una grande squadra. Forse era meglio fare prima un paio d’anni d’esperienza altrove e poi magari tornare”. Gioventù, in una piazza come quella di Roma, da tifoso, nel ruolo più difficile. Un mix letale se non hai le spalle larghe: La maglia della Roma era pesante. Al tempo ero molto giovane, non avevo una grande esperienza. Tutti sbagliano è normale, ma a 19 anni lo fai dipiù che a 28. A Roma poi non ti perdonano nulla. Potevo fare dieci partite bene, poi un errore ed arrivavano i fischi. Ci sta, ma a quell’età è difficile tenere di testa. La partita dopo come scendi in campo? Teso, è normale. Sei sotto pressione, hai paura di sbagliare ancora”. Il segreto? Fare come Doni, il portiere al quale ha fatto il secondo per tre anni: “Lui se ne fregava. Mi ricordo che diceva ‘Ho sbagliato? Non mi interessa’. E questo lo ha aiutato. Ha fatto due stagioni da fenomeno, non sbagliava una parata nemmeno in allenamento”. Cosa che ciclicamente si è ripetuta da Konsel fino a Szczesny e Alisson, con l’eccezione di Stekelenburg: “Aveva due piedi da centrocampista. È scuola Ajax, lì è più importante fare bene un rinvio che dieci parate. Tecnica? Buona, ma diciamo che ci sono portieri italiani più bravi e soprattutto meno costosi”.

"BOLOGNA E SAMP, SAREI RIMASTO"


Una questione quella della generazione di metà-fine anni ‘80, tornata prepotentemente di moda in questo periodo di esplosione dei giovani portieri italiani. Consigli, Mirante, Agliardi e Curci, ottimi portieri che non hanno mai fatto il definitivo salto di qualità. O, meglio, non gli è stata mai data la possibilità: Buffon è un mito. Per lui parla la carriera, i risultati e quello che ha vinto. Però forse la sua presenza ha un po’ oscurato la nostra generazione. In più a metà anni duemila c’era molta esterofilia tra le squadre italiane nella scelta dei portieri. Solo da poco è tornata la moda dei portieri italiani. Basta vedere quanti giovani giocano titolari oggi”. Donnarumma ad esempio, che “giocando al Milan ha fatto delle cose straordinarie. Spero che continui così, ma conterà molto la testa perché le qualità tecniche sono indiscutibili”. Testa e opportunità, due concetti che tornano ciclicamente. Lui la titolarità l’ha vissuta in due piazze importanti come Bologna e Genova. Due esperienze “bellissime ma sfortunate. Soprattutto alla Sampdoria, dove eravamo partiti alla grande. Alla fine del girone di andata eravamo la miglior difesa e poi siamo retrocessi. Sarei rimasto anche in Serie B, ma non ci fu l’opportunità. A Bologna, dove sono stato benissimo e ho un grande ricordo, anche lì fummo sfortunati. Partiti bene, poi ci fu il caos societario e tecnico. Con il cambio ai vertici arrivò Corvino e fece altre scelte. Parlai anche con Roberto Zanzi e gli diedi la mia disponibilità. Ma lui era in uscita e anche lì non rimasi, pur volendo”.

Ora vuole ricominciare Curci, magari proprio da Roma. La sua città, la sua squadra. Sarebbe un sogno, lo ha ammesso lui stesso. Totti, De Rossi, Curci e Florenzi. Una continuità di romanità nella squadra assaporata solo per poco: “Ci speravo, lo ammetto. Ma non è andata, non so perché la Roma non ha mai puntato su di me. Ma non ho rimpianti”. Oggi si discute sui rinnovi dei due capitani insieme a quello che è stato anche il suo allenatore per tre anni. Su tutti e tre Curci non ha dubbi: Totti è indiscutibile, che gli vuoi dire? Finchè ha voglia e il fisico tiene deve giocare. L’età per lui non conta. De Rossi deve rinnovare, viste anche le prestazioni di quest’anno. E poi è giusto perché anche lui ha fatto questa scelta di rimanere legato alla Roma per tutta la carriera. Spalletti? Spero che rinnovi il contratto. È un grande allenatore, sa tenere lo spogliatoio in mano. Si fa rispettare e a Roma non è facile”. Rinnovo, quello che avrebbe sperato due anni fa. La fine della sua avventura in giallorosso. Adesso, a 31 anni, l’esperienza c’è e sognare un posto da vice Alisson nella prossima stagione sarebbe il giusto finale. Come rivincita, per avere una seconda possibilità nella “sua” Roma.



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