Pep vs Mou, Guardiola contro Mourinho. Stessa città, squadre diverse e filosofie opposte: non potevano che ritrovarsi contro in Premier, nel derby di Manchester, due tra gli allenatori più rivali di sempre. E se doveste chiedere a Marco Materazzi una preferenza, beh...la risposta parrebbe piuttosto scontata. Ma non unica, come ammesso dall'ex difensore dell'Inter e della Nazionale a "La Gazzetta dello Sport": "Come si fa a dire “il miglior allenatore del mondo”, quando sono in quattro più o meno allo stesso livello? José Mourinho, Guardiola, Ancelotti e Lippi. E solo un gradino sotto Klopp e Conte. Io posso dire che Mourinho e Lippi sono i migliori per me: non solo per quello che hanno fatto, che dice già tutto, ma perché li ho vissuti da vicino, da dentro. Anche se ho capito chi era José ancora prima di conoscerlo".
E a quando risale, il momento chiave? Materazzi ne parla così: "Ero appena uscito dall’Europeo 2008 con l’Italia, avevamo perso ai rigori con la Spagna: non aveva il mio numero di telefono, non ero Milito, era più che possibile che me ne andassi dall’Inter. Mi arriva un suo sms: “Ti aspetto per iniziare a vincere insieme”". Parole chiare capaci di caricare chiunque, a maggior ragione se ti chiami Mou. Uno che per Materazzi vince, soprattutto, grazie a 5 motivi chiave: "Motivazioni, furbizia, conoscenze, esperienza, empatia".
Motivo? L'ex nerazzurro spiega tutto così: "E’ un moltiplicatore di energie. Potrei fare mille esempi, ma ne basta uno dell’anno del Triplete: perdiamo 3-1 a Catania e il giorno dopo ci massacra tutti, dal più forte al più scarso. Ci guardiamo negli occhi, ingoiamo, e quattro giorni dopo andiamo a vincere a Londra con il Chelsea. Mourinho sa leggere i tuoi nervi, anche quelli scoperti, e ci entra dentro". Capitolo Furbizia: "Tocca i tasti giusti, e non solo quelli dei suoi giocatori: mai vista tanta scientificità nel provocare gli avversari, tanta capacità di innervosirli. Ma lui fa di più: a volte si nutre della polemica, ma non c’è una volta che non ne tiene la squadra lontana il più possibile. Il parafulmine perfetto".
Poi, tra conoscenze, esperienza ed empatia, Materazzi chiude così il suo ritratto di Mou: "Le conoscenze sono oprattutto quelle che dà alla sua squadra sul conto della squadra da affrontare: dopo una settimana passata a lavorare sulla tattica degli avversari, sai tutto di loro. E vai in campo pronto a fare il tuo gioco, ma anche a disturbare il loro. Mourinho sa come si vince perché ha vinto tanto, e ha vinto tanto anche perché ha iniziato a farlo presto. Il segreto è stato cominciare la sua carriera da giovane, aveva la testa da allenatore già quando era un semplice assistente. L'empatia, poi, è la prima cosa che cerca con la squadra, la condizione che considera assolutamente necessaria per iniziare la costruzione di un gruppo forte, unito, senza crepe. Quello che poi porta a combattere contro tutto e contro tutti".