Massimiliano Allegri, il demiurgo di una Juventus da leggenda
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Data: 22/05/2017 -

Massimiliano Allegri, il demiurgo di una Juventus da leggenda

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Ogni impresa ha il suo artefice, ogni leggenda ha il suo demiurgo. Quello della Juventus (almeno per la sfera attinente al campo) è una figura che non ti aspetti, arrivato tra insulti e perplessità, succedendo a qualcuno in cui il popolo bianconero si era identificato. Riconoscersi, ci sta quando si (ri)nasce. Poi però si cresce, ci si evolve, allora capita che debba essere qualcun altro la guida. E la Juve ha trovato la trasposizione della sua tradizione, della sua storia, in panchina: Massimiliano Allegri. Con il suo vocabolario, le sue invenzioni, la sua umiltà. Miscelare il tutto, risultato: sesto scudetto consecutivo per i bianconeri, terzo per lui. Più tre Coppe Italia consecutive, una Supercoppa italiana e due finali di Champions League. Terzo double di fila quindi, più di tutti gli altri allenatori della Juventus sommati, più di qualsiasi altra società in Serie A. Davanti a lui, come numero di scudetti in Italia, solo i mostri sacri Lippi, Capello e Trapattoni.

Fermiamoci un attimo con i numeri però, passiamo alle parole. Già, il "vocabolario Scudetto” di Max. Calma (o halma, per dirla alla livornese), pazienza, partite serie, tecnica (o tehnica). Dogmi impartiti sin dal giorno della presentazione, quando disse: “Voglio aiutare questa società a continuare a vincere”. Beh, si direbbe che ci sia riuscito. Eppure, quando fu annunciato, furono sputi all’automobile, musi lunghi, scetticismo. Quasi indifferenza quando il suo nome veniva pronunciato dagli altoparlanti dello Stadium. Primo bersaglio, quando le cose (per brevi periodi in realtà) andavano male. Poi, un crescendo, fino al boato di oggi.

In mezzo c’è tanto del suo lavoro. Con una parola chiave: versatilità. Primo anno: gradualmente via la coperta del 3-5-2 in favore del 4-3-1-2 e primo double, con finale di Champions. Secondo anno: per ripararsi dal freddo di una falsa partenza, la coperta del 3-5-2 viene nuovamente tirata fuori e con lei Allegri firma una rimonta impensabile: sarà ancora Scudetto e Coppa Italia. Terzo anno: si cambia ancora, si torna al trequartista, ma l’impressione è che la Juve non riesca ad esprimere tutto il suo potenziale, come un motore di una Ferrari montato su un’utilitaria. E’ una sconfitta, quella di Firenze, ad accendere la lampadina: "Siamo diventati troppo conservatori, è il momento di cambiare". 4-2-3-1, con tutti gli attaccanti dentro. “Per esprimere tutta la nostra forza, Allegri ci ha messo così in campo ma dicendoci che sarebbe servito sacrificarci”. (Gonzalo Higuaìn) Talento e sacrificio. Un concetto e il suo contrario, applicati. Il resto è storia recente, appena tramutata in leggenda.

Da un allenatore, che di (pre)concetti ribaltati è diventato maestro: quella calma che mostra durante le conferenze e nelle interviste si trasforma in carica feroce in campo, tra cappotti lanciati in aria e urla fino al novantacinquesimo; quella tecnica, fondamentale nel suo modo di intendere il calcio, è corroborata da una difesa impenetrabile, vero marchio di fabbrica della Juventus; quella tensione delle partite “serie”, stemperata da una battuta e da un sorriso. Il calcio è semplice, ripete sempre. Vincere e ripetersi però non lo è: per questo merita i complimenti, a gran voce. Non ama riceverli e li gira sempre “ai suoi ragazzi”: ma con elasticità mentale, leggerezza, talento e intuizione, ha dimostrato di esserlo un po’ anche lui.

Aggiornamento: c'è una nuova parola nel vocabolario di Allegri. "Convinzione". Forse la parola chiave per trasformare il vocabolario scudetto in...



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