Qui il risultato non conta. Meglio il sorriso. La gioia. E il pallone, soprattutto. Il gioco preferito di ogni bambino. Il desiderio irrinunciabile: il sogno. L’amico inseparabile. Un amore capace di rotolare e disegnare storie infinite. Come quella che ci ha raccontato Tiziana, mamma di Samuele: un piccolo campione. Samu e il calcio. Il calcio e Samu. Sempre assieme. “Io odiavo questo sport e tutto quel giro strano che gli ruota attorno: falsità e soldi. Nessun valore. Poi sei nato tu, che per anni e anni hai chiesto ad ogni festa solo un pallone e il completino del Milan”.
Più di una passione. Una sensazione intima. Quasi una vocazione. Perché Samuele, già a quattro mesi, inizia a gattonare per raggiungere la palla. “Dalla mattina alla sera era la sola cosa che volevi. Al momento della nanna, tu abbracciavi stretto stretto il tuo pallone che io ogni sera dovevo pulire e disinfettare”. Legame unico e luce negli occhi. Con la sensazione di essere così simili. “Hai iniziato a giocare a calcio da quando avevi 13 mesi. Ti ho visto crescere tenendolo sempre con te....stretto forte....siete sempre stati un'unica cosa. Tu e lui, in ogni posto.” E Samu, con la palla, mostra subito un rapporto particolare. Non la calcia, meglio accarezzarla. Le dà del tu. Insomma, ci sa fare. “Chi ti vedeva giocare ha visto sempre in te un piccolo campione! La tecnica e la disinvoltura con cui ti muovevi e ti muovi con lui, come se il pallone fosse un prolungamento del tuo corpo”. Gambe forti e occhi luminosi. Ginocchia sbucciate, magliette sporche. Stanchezza? Mai. Impossibile. Energia infinita per il gol e la gioia di esultare. Fino a che … “Segnavi ma non gioivi. I tuoi occhi non avevano la stessa luce. La tua passione e la tua bravura erano sempre evidenti ... ma tu non ti divertiti più”.
Perché tra la palla e Samu, c’è sempre stata il terzo grande amore: Dany. Il fratellino. Ma le persone che stavano dietro a questo sport colpirono la persona più importante della vita di Samuele. "Tutti scartavano tuo fratello facendolo soffrire, non capivano che non si può non far giocare un bambino perché non è bravissimo.... Così hai iniziato a capire cosa sono e come funzionavano le società di calcio”. Samuele sì, Daniele no. Dany non poteva giocare. Non era all’altezza.
E così Samu smette di emozionarsi. Giocare senza Daniele non aveva alcun senso. Perché “noi tre abbiamo una cosa tutta nostra: un legame che ci unisce fino all’anima. Se uno di noi è a terra, gli altri combattono più forte”. Per questo Samuele rinuncia al calcio. Basta. Il bisogno di giocare, per Samu, equivale all’ossigeno per vivere. Ma … “hai scelto di dare una lezione di vita. E hai rinunciato perché qualcuno aveva tolto il diritto di giocare a tuo fratello”. La mamma e i due figli sono entrati in tante società. Lo hanno fatto con la speranza di poter gioire assieme. Ma nulla. Nessuna concedeva a Daniele la possibilità di giocare. I due fratelli non si sono mai arresi. Perché il calcio è libertà, in fondo. “E per questo dobbiamo dire grazie ad Amelia”. Un grande campione che si è presentato alla famiglia con tanta semplicità. Perché “quando Marco ha iniziato a parlare del calcio si è trasformato. Aveva qualcosa di diverso, qualcosa che mi ha catturato all’istante. Aveva quegli occhi che brillavano”.
E Daniele si sente subito voluto, amato. Grazie anche al fratello Samu, che lo ha “condotto in un posto dove si possono legare passione, amore, competizione, divertimento e condivisione”. In due, felici nella Tre&23 Livorno: la scuola calcio di Marco Amelia. “Oltre le semplici partite”. Una grande festa, piuttosto. Un posto dove quando giochi puoi essere felice. Assieme, in due.