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Data: 26/02/2019 -

Il riscatto di Sakho: "Chiedevo l'elemosina per vivere, ora aiuto chi ne ha bisogno"

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Il difensore del Crystal Palace, Mamadou Sakho, racconta gli anni più difficili della sua infanzia ai microfoni di Sportsmail
Il difensore del Crystal Palace, Mamadou Sakho, racconta gli anni più difficili della sua infanzia ai microfoni di Sportsmail

Un’intervista a cuore aperto, quella di Mamadou Sakho ai microfoni di Sportsmail, dove il difensore del Crystal Palace, ex Liverpool e PSG, racconta gli anni più difficili della sua infanzia.

"So cos'è la fame. So cos'è il freddo. Ero solito chiedere le monete per poter mangiare", cresciuto nella Goutte d'Or, il quartiere multietnico vicino a Montmartre che anni fa era considerato terra di povertà, Sakho non dimentica le sue notti in strada alla ricerca di un posto dove dormire e l’elemosina che chiedeva agli estranei quando la fame si faceva sentire. Un ricordo su tutti però risalta alla sua mente "Un giorno una donna pensando che la volessi derubare ha avvicinato a sè la borsa", dice Sakho, imitando l'azione. "Quel gesto mi ha scioccato. Volevo solo delle monete per comprare del pane ma lei pensava che l'avrei rapinata. Da quel giorno ho fatto una promessa a me stesso e le dissi: 'Guarda, oggi ho fame e lei pensa che io voglia farle del male. Ma io, quando diventerò qualcuno, quando avrò qualcosa, restituirò tutto".

Fedele alla sua parola, appena diventato maggiorenne, il difensore di origini senegalesi, ha lanciato Amsak (Association Mamadou Sakho), un'associazione di volontariato con lo scopo di aiutare persone in Francia, Inghilterra e Africa “Quando hai un po' di popolarità, puoi usarlo in modo positivo. Non voglio essere un esempio per le persone, voglio solo ispirare" ammette Sakho, che adesso sta facendo costruire un proprio orfanotrofio a Tamba, in Senegal, la città da cui proveniva il defunto padre. "Lo chiamerò Souleymane Sakho, come il nome di mio padre”.

Ma la fame e la povertà non sono stati gli unici veri problemi per Sakho. A soli 13 anni, quando suo padre è morto, si è ritrovato con una grande responsabilità familiare sulle spalle “Il giorno in cui ho perso mio padre sono diventato un uomo con delle responsabilità. Sapevo che sarei diventato un calciatore, ma non era un obiettivo, era un obbligo. Qualcuno mi ha anche chiesto se fosse stato difficile diventare capitano del Paris Saint-Germain a soli 17 anni e io risposi che la fascia da Capitano più difficile che ho indossato nella mia vita è stata quella per la mia famiglia, quando avevo 13 anni". Un’infanzia frenetica per un piccolo combattente, vissuta insieme ai suoi tre fratelli e tre sorelle, che non ha mai fermato la sua passione per il calcio. Ogni volta che poteva, il piccolo Sakho, giocava.

Cresciuto nelle giovanili del Paris FC, nel 2002 viene notato dal Paris Saint-Germain, dove nel 2006 fa il suo debutto in prima squadra, per poi arrivare ad indossare la fascia da Capitano l’anno successivo diventando il più giovane nella storia del club a soli 17 anni. Poi la chiamata della Nazionale e quella del Liverpool, dove si è trasferito nel 2013. Una carriera di alto livello che poteva essere macchiata da una squalifica per doping, poi immediatamente tolta. Il danno però era già stato fatto: Sakho manca la finale di Europa League del Liverpool contro il Siviglia e l'Euro 2016 in Francia.

Ha così lottato per riconquistare il suo posto senza però riuscire ad entrare in Nazionale per la Coppa del Mondo della scorsa estate in Russia. La notte della finale, Sakho era infatti a Malmo con il Crystal Palace per il ritiro pre-stagione, e mentre i suoi connazionali lottavano per quella Coppa, lui era a cena con la squadra e si alzò per cantare l'inno nazionale, stringendo la maglietta della Francia. "Sono orgoglioso della squadra, faccio i miei complimenti ai giocatori che ce l'hanno fatta. So di aver scritto una pagina della squadra nazionale, ma la storia non è finita e il libro è ancora lungo. Sono sempre umile, lavoro sempre duramente. Anche se il duro lavoro non ti ripaga, puoi guardarti allo specchio e dire che ci hai provato”, aggiunge poi il 29enne "Non rimpiango mai nulla della mia vita. Se qualcosa è destinata a te, la otterrai, anche se tutto il mondo è contro. Seguo semplicemente il mio destino. La vita è breve. Il calcio è breve. Dobbiamo essere positivi. Siamo qui per regalare sorrisi e uno spettacolo positivo".



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