Quarto posto, Schalke raggiunto. A Mainz si festeggia, un semi-sconosciuto arrivato dal nulla, Martin Schmidt, incredulo si mette le mani nei capelli vicino alla panchina. A esultare, in campo, è capitan Julian Baumgartlinger, centrocampista tuttofare austriaco che ha appena segnato il suo primo gol dopo 112 partite di Bundesliga. È 2-1, è zona Champions League. Storia di un venerdì sera di Bundesliga.
Con pochi soldi si possono raggiungere grandi sogni. A Mainz, dove il portafoglio non si gonfia e quando arriva il calciomercato i battiti non salgono, sanno come vincere. Idee e programmazione, binomio spesso abusato ma, in questo caso, quantomai realistico. Dal 2000 a oggi un continuo sali-scendi tra Bundesliga e Zweite Liga, con in testa quel concetto così raro da diventarne persino gelosi.
Come Mainz, poche altre. Forse nessuna. Sette anni fa l'ultima promozione dalla SerieB tedesca, ultima gioia per andare a caccia di una sperata continuità. Raggiunta, finalmente. Il volto è sempre lo stesso, non sta in panchina e non ci mette neppure i soldi: si chiama Christian Heidel, direttore sportivo poco più che 50enne, con la faccia pulita e con una continuità da record. Siede in tribuna dal 1992 (e forse a fine stagione lascerà), è figlio di un ex sindaco di Magonza e sa, con acutezza da campione, sempre dove guardare.
A partire dall'attenzione che rivolge alla scelta degli allenatori, vero cuore pulsante della squadra. È stato Heidel a incoronare Jürgen Klopp, ora allenatore di livello mondiale; è stato Heidel a promuovere Thomas Tuchel, oggi tra i più promettenti d'Europa e super alla guida del Borussia Dortmund; è stato Heidel a tentare di crescere il giovane Kasper Hjulmand, arrivato due anni fa dal Nordsjælland, prima di decidere (rarità) di cambiare in corsa e lanciare Martin Schmidt, oggi protagonista di una scalata meravigliosa.
Heidel è testa e fegato, capace con il suo team di pescare giovani in tutto il mondo e di lanciarne altrettanti. Dal 2008, qualche esempio: Subotic, Schürrle, Risse, Holtby, Fuchs, Malli, Karius, Okazaki e Muto. Insieme a tanti altri. Nomi che hanno avuto fortuna diversa, ma un denominatore comune: hanno lasciato e stanno lasciando il segno. Tutti presi per pochi spiccioli e cresciuti tassello dopo tassello.
Oggi la rosa del Mainz non è certamente tra le più forti di Germania, forse neppure tra le prime dieci. Ma quel quarto posto legittima fattori che vanno oltre la semplice qualità calcistica: l'essere gruppo, con obiettivi chiari, è la prima chiave del successo. Con tante idee e un portafoglio "normale" si possono raggiungere grandi sogni. Ve lo spiegano a Mainz.