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Data: 08/09/2016 -

Ma giochi a basket? ‘No, a calcio e sono pure laureato!’. Ecco Niccolò Romero, due metri di… gol e ristorante cinese

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‘Ehi Rome, ma quanto sei alto?’. Ogni volta la stessa domanda, alla quale ormai lui, Niccolò Romero, attaccante della Feralpi Salò, risponde con ironia: ‘Come ieri, non son mica cresciuto…’. Un gigante, ma buono e con tante ambizioni. Dentro e fuori dal campo. Tutto pallone e università. Gli piace leggere, pensa al futuro e a segnare… “Il mio obiettivo con il quale comincio ogni stagione è di segnare un gol in più di quella passata”, chiaro no? Dopo i nove della scorsa stagione, quest'anno dieci. Ragionamento inconfutabile. A giudicare dall’inizio, mica male! Ok i gol, il campo, i paragoni importanti. Ma quanto sei alto? (lunga risata): “Me l’aspettavo questa domanda. Sono 1,99, anzi diciamo 2 con le ciabatte. Nello spogliatoio mi prendono in giro, ci scherziamo specie con chi è alto 1,60 ad esempio. E poi sempre la stessa domanda…”. Ogni volta che sono in giro va più o meno così: ‘Ma tu giochi a basket vero? No, in realtà a calcio. Ahhh, allora fai il portiere? No. Il difensore centrale? No, veramente la punta. Ah, allora sei Luca Toni…’. Il paragone è importante, Romero gradisce. Ma il suo ‘vero nome’ è un altro: “Rome! Anche mia madre ormai mi chiama così”. Corre in campo e fuori. Romero si è laureato in Scienze Motorie all’Università di Genova. Pallone e libri. Sacrifici sì, ma come tutti gli altri studenti. Perché – dice – se una cosa ti piace, non ti pesa farla. E lui questa laurea, l’ha voluta e cercata fortemente. Un po’ come un gol. “Sì, la materia è interessante e poi gli argomenti – rivela a GianlucaDiMarzio.com sono abbastanza conosciuti per chi gioca a calcio: sport, corpo umano, allenamenti. Niente di impossibile insomma, se uno vuole la può fare tranquillamente anche perché l’università la puoi fare in tanti modi. Io ad esempio il lunedì, che era il mio unico giorno libero, andavo a Genova e stavo tutto il giorno in Uni a studiare e a seguire corsi. Gli altri giorni studiavo a casa. Devo ringraziare la mia ragazza che mi ha convinto ad intraprendere questo percorso e col senno di poi devo ringraziarla ancor di più perché qui bene che va a 35/36 anni smetti e bisogna pensare anche al futuro, a cosa fare dopo. Per un calciatore di Lega Pro credo sia ancora più importante, perché dalla D in poi difficilmente riesci a vivere di solo calcio e invece così puoi essere più sereno. Io mi sono laureato con 89 (ma speravo in 90!), ma che brivido il giorno della laurea”. Ora lo ricorda con il sorriso, ma ammette di essersi preoccupato un bel po’. “Al momento della proclamazione, il capo della commissione di laurea legge tutti i nomi: Rog, Rossi. Niente, non mi chiamano”. Prova a fare un passo in avanti per farsi notare, ma niente. Poi ci ripensa: ‘Ah, ci siamo dimenticati Romero. Menomale, stavamo per fare autogol con l’unico calciatore’. Il classico ‘perfect boy’. Loquace, spigliato, ma anche pacato ed estremamente composto. Non si scompone quasi mai. Non ama la movida, preferisce libri, tv  e cibo. Wurstel e patatine il top, ma con moderazione. Meglio il ristorante cinese? “Assolutamente. La sera precedente alla mia prima partita da titolare qui alla Feralpi Salò, mi chiama la mia ragazza e mi dice che ha organizzato una cena al ristorante cinese con Belfasti (suo ex compagno e grande amico) e la sua ragazza. Io vado nel panico, ‘amore domani la mia prima da titolare e stasera dal cinese. Ma come faccio???’. Ero disperato". Alla fine si lascia convincere e da lì il ristorante cinese diventa una consuetudine, rigorosamente la sera prima del giorno della partita. “Sì, perché sono molto scaramantico e quella sera mi portò davvero bene. Il giorno dopo feci gol”. A proposito di gol, ne stai segnando alla Feralpi eh! Ormai è la tua terza stagione qui. “Mi trovo benissimo. E’ un ambiente straordinario per fare calcio e per vivere. Scendo di casa, due passi e ho il lago davanti. Sono luoghi bellissimi. C’è la tranquillità e la pace giusta. Il nostro obiettivo è quello di dare fastidio a quelle corazzate lì (Venezia, Parma), il mio personale è di fare un gol in più dello scorso anno. I playoff? Minimo…”. Ambizioso Romero, cresciuto con la maglia bianconera di Del Piero (ancora ben esposta in camera) e con tanti modelli: “Giroud per il colpo di testa, ma anche Mandzukic e Higuain. Mi paragonano a Toni, speriamo non si sbaglino…”. Romero è cresciuto nelle giovanili del Genoa, tre anni di settore giovanile. Poi? “Il prestito al Lamezia, perché dicevano che ero troppo attaccato a casa e che sarebbe stata la soluzione giusta per farmi crescere. Mah, in realtà non era assolutamente così. Comunque è stata un’esperienza positiva, ho imparato che cosa sia il calcio fuori dal campo. Cose fondamentali, ad esempio che all’allenamento è meglio presentarsi sempre mezz’ora prima di quando devi stare là. O che se parla un compagno più vecchio devi tacere e ascoltare. Sono insegnamenti importanti. Poi qualche esperienza in giro per l’Italia e infine la Feralpi, siamo un bel gruppo”. E il Genoa? Piccolo, grande rimpianto? “Non proprio. Sono capitato in una grande annata con gente come Perin, Sturaro ed El Shaarawy. E poi nemmeno io avevo troppa fiducia in me stesso. Nella Primavera rossoblu mi ha allenato Juric. Con lui avrò fatto 4/5 partite da titolare e 3 mesi in tribuna fisso. Lo dovrei odiare, invece no assolutamente. E’ una persona onesta, che ti fa capire tante cose. Uno fortemente meritocratico: se ti alleni bene con lui sicuro hai una chance. E’ un grande, ne farà di strada”. Racconta Romero, spiega. I suoi movimenti in campo e quelli dietro la scrivania, da bravo studente. E’ pronto al grande salto, lo vuole fortemente. Un’altra laurea, questa volta sul campo. “Quando sono a mio agio parlo tanto”, lo ammetto. Ma lo dobbiamo salutare, deve scappare al ristorante cinese. “No, dai ultimamente mi sto regolando”.


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