Premessa: se provate a leggere il suo cognome così com'è scritto, scrutandone il nome stampato a caldo sulla nuova maglia granata, sbaglierete. E nessun rimprovero, ci mancherebbe, questione di dettagli e storie poco note: la C come una S per far sì che Lyanco, per chi risulti ancora ignoto, diventi Lyanso, in una pura questione di pronuncia e curiosità. La stessa che potrebbe spingervi a capire perchè, nella lunga registrazione all'anagrafe da 5 nomi, l'ultimo suoni fortemente balcanico: Vojnovic. Come, quando e perchè? Le prossime righe non potranno che aiutarvi a conoscerlo meglio, dopo un primo assaggio a cabeca alta in Serie A...
Nato a Vitòria da genitori portoghesi, Lyanco conserva il cognome serbo in onore del nonno paterno Jovan - scappato dalla Jugoslavia e giunto in Brasile durante la seconda guerra mondiale – al quale è molto legato. Affetto che lo porta inizialmente, come annunciato su Twitter, di giocare per la nazionale serba, salvo poi legarsi qualche tempo più tardi a quella verdeoro: a quale squadra di Torino appartenere, invece, il centrale classe '97 non ha avuto alcun dubbio. Rewind, fino a poco meno di un anno fa: Atletico Madrid, Wolfsburg, Man Utd e Juventus a monitorarne attentamente le qualità e offerta bianconera da 6 millioni + 3 di bonus più un possibile, momentaneo stop a Sassuolo per crescere ulteriormente. Ipotesi concreta cancellata, però, dalla richiesta del Sao Paulo: volontà di conservare una quota sui futuri trasferimenti non concessa e stop alla trattativa, cambiando solo in parte destinazione. Dalla Torino bianconera a quella granata...
Petrachi-blitz, 6 milioni + 3 di bonus e 7% sulla futura rivendita: la ricetta giusta per smuovere la resistenza del Sao Paulo e far volare subito il calciatore in Italia, per chiara volontà di Mihajlovic. Abituarsi a un nuovo ambiente e a un nuovo calcio per abituare a grandi prestazioni, entrando già nel cuore dei suoi tifosi: "Torino è granata! Il Toro è stato l'unico ad aver creduto in me!". Per un viaggio che parte, come per ogni occasione, ben più da lontano, con il tasto "start" premuto dal mondo (toh, bianconero) del Botafogo: settore giovanile che lo porta, nel 2015, al salto verso il Sao Paulo, club del suo cuore, per mostrare i primi bagliori di un talento non comune.
L'immagine del primo gol con il Tricolor Paulista è inequivocabile: progressione palla al piede alla Lùcio da centrocampo all'area di rigore dell'America MG, rientro sul destro e palla sul primo palo. Elegante, ma anche roccioso e con personalità, come già evidenziato da Mihajlovic e dalle prime uscite in maglia granata: prototipo di quel difensore moderno duttile tatticamente, abile nell'impostare l'azione, insuperabile sul gioco aereo e dal grande tempismo negli interventi. E i primi paragoni sono tutt'altro che poco lusinghieri: predestinato alla Thiago Silva, da futuro capitano della nazionale verdeoro. Certezza coltivata, da tempo, anche da papà Marcelo: "Gioca fin da quando aveva cinque anni anche con quelli più grandi di lui: farà strada, diventerà un grande".
Grandezza che passa anche dalla personalità, con tutti gli estremi per la più classica definizione di "bravo ragazzo": riservato, umile e molto religioso, con una colomba tatuata sulla spalla a parlare chiaro. "La più grande benedizione non è quella che cade dai cieli e ci viene data, ma la felicità che ognuno è capace di generare per se stesso". Saggio e con un modello di riferimento particolare: quel Sergio Ramos ammirato per carisma e istinto dominante nei momenti decisivi, capace di pungere quando serve. Perchè l'immagine da buono, in campo, sparisce di fronte a conclusioni capaci di rompere la traversa e ad un'esplosività notevole, in quella spinta continua verso il miglioramento con Mihajlovic come modello speciale. Sognando la Seleçao e godendosi una nuova avventura granata, chiarendo anche magari sulla pronuncia: Lyanso, e non Lyanco. Con la certezza che tutti, col tempo, non possano avere più il minimo dubbio sul suo nome...
Alberto Ranzato