"I think we have a grandiose saison gespielt". Così Roman Weidenfeller parlava ai microfoni di un giornalista arabo dopo la vittoria della Bundesliga nel 2011. Una "stagione fantastica" sì, ma detto in tre lingue diverse. Inglese, francese e tedesco. Simbolo di un gentiluomo che non vuole deludere nessuno. Cortese, deciso e icona del Borussia Dortmund degli ultimi sedici anni. Ieri l'ultimo atto di una carriera meravigliosa, in cui il numero uno tedesco ha vinto tutto. Weidenfeller è entrato all'ultimo minuto al posto di Burki della sfida decisiva contro l'Hoffenheim per un posto in Champions League. Partita persa, ma obiettivo raggiunto. Il Borussia giocherà la prossima Champions League, con (probabilmente) Favre in panchina.
Ma torniamo al grande Roman, arrivato a Dortmund nel 2002 dal Kaiserslautern, società in cui è cresciuto. Aveva 21 anni, doveva essere il vice di Lehmann, e così è stato per la prima stagione. Un rimpiazzo, in cui nessuno poteva pensare che sarebbe diventato l'icona di una delle squadre più belle e vincenti del post 2000. Così piano piano si è preso quel posto da titolare che poi soltanto l'età gli ha portato via.
Anni meravigliosi, e tanti successi. La gestione Klopp è stata una delle più avvincenti che si ricordi nella storia della Bundesliga recente. Bel gioco e risultati, una combinazione semplicemente perfetta. Due Bundes, due coppe nazionali e due Supercoppe. Non poco, anzi. Jurgen Klopp stravedeva per lui come giocatore e lo ammira tutt'ora come persona. E come potrebbe essere il contrario, Weidenfeller è il secondo giocatore nella storia del Borussia Dortmund per partite giocate, secondo solo a Michael Zorc, adesso direttore generale dei gialloneri. Unica mancanza nella straordinaria carriera del portiere tedesco, la mancata vittoria della Champions, sfumata per il gol di Arjen Robben nel 2013 in finale a Wembley. Destini incrociati, perchè nel 2012 fu proprio Weidenfeller a negare all'attaccante olandese del Bayern Monaco la gioia del rigore che poteva riaprire i giochi per il campionato. No, da qui non si passa. Parola (anzi, parata) di Roman.
Nel frattempo, a pochi chilometri da Dortmund, cresceva e maturava quello che sarebbe diventato il portiere tedesco della Nazionale. Manuel Neuer, diventato grande a Gelsenkirchen, allo Schalke 04. Così per Weidenfeller le porte della Nazionale non si aprirono mai. O quasi. Perché Low non lo ha mai visto come il numero uno della Germania, almeno fino al 2013, quando lo ha finalmente chiamato. Cinque presenze, oltre alla chiamata per il Mondiale del 2014. Una vita da secondo, ma non a Dortmund, lì Klopp lo definiva il "miglior portiere del mondo". Per il muro giallo lo era davvero. E lui ha sempre ricambiato l'amore dei tifosi. Come ieri, o come settimana scorsa dopo l'ultima "giocata" in casa. Roman sale in mezzo al muro giallo e canta. Canta forte e chiaro, perché sarà sempre uno di loro.
Così finisce la carriera di un mito del calcio tedesco, un simbolo per il Borussia Dortmund dice basta. È arrivato quel momento, impensabile per chi lo ha osannato a ammirato per tutti questi anni. Weidenfeller lascia in eredità anni meravigliosi, che i tifosi del Borussia vogliono rivivere il prima possibile. Perché una stagione così se la vogliono scordare in fretta, anche (o forse sopratutto) per aver salutato un altro idolo di quel Borussia Dortmund che ha fatto innamorare tutti. Sono state sedici "gespielt" indimenticabili, per dirla come Roman. Grazie. Anzi, Danke!