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Data: 19/01/2018 -

Lo chiamavano Rullo Carlos. A Lecce volava sulla fascia, quando il “suo” Napoli lo chiamò: “Decisione sbagliata, ma scelsi col cuore”

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Va’ dove ti porta il cuore. Logica da romanzo, non da calciatore. Le scelte di un professionista dovrebbero essere razionali: strade giuste da seguire per fare carriera. Facile da dire, quasi ovvio. Difficile farlo, quasi impossibile, se nasci in provincia di Napoli, col San Paolo a pochi chilometri. Erminio Rullo da bambino sognava quello stadio, mentre cresceva fra le strade di Casoria. Un pallone da inseguire nei vicoli, l’orizzonte azzurro. E se quel pallone è diventato il tuo lavoro e il Napoli ti chiama, non pensi alla carriera. Ripensi all’infanzia e in un attimo decidi. “Era il gennaio del 2007. Giocavo a Lecce”, racconta Rullo al microfono di gianlucadimarzio.com. “Mi dissero dell’interesse del Napoli. Dissi di sì all’istante, senza pensarci. Una scelta da tifoso, sbagliata purtroppo…”.

Lecce e Napoli stavano disputando un campionato di B anomalo, nell’anno dopo Calciopoli, con la Juventus, il Genoa e investimenti notevoli. Una categoria che a Rullo andava stretta. Aveva 23 anni e già tre stagioni alle spalle in serie A. Lanciato prima da Delio Rossi e poi da Zdenek Zeman, l’uomo che gli aveva consegnato la fascia sinistra e una maglia da titolare. “Ero un terzino abituato a spingere molto. Avevo sempre giocato in una difesa a 4 e improvvisamente mi ritrovai nel 3-5-2 di Reja. Due mondi opposti. Cercavamo Calaiò e Sosa con i lanci lunghi. Ero un pesce fuor d’acqua e mi fu preferito Savini, che aveva caratteristiche più difensive”. Sette presenze, meno di 500 minuti complessivi. Da una parte la gioia del tifoso per la promozione, dall’altra l’amarezza per una crescita professionale bloccata. “Furono mesi difficili. Avevo scartato la Fiorentina e la serie A per seguire il cuore. Col senno di poi, non rifarei quell’errore, ma in quel momento era impossibile dire di no”.

E così disse no a Pantaleo Corvino, che lo voleva a Firenze e che una decina di anni prima se lo era portato a Lecce. “Venne a vedermi in una partitella a Casoria. Non sapevo della sua visita. Avevo 13 anni e giocavo al centro della difesa. Dopo pochi minuti l’allenatore mi sostituì. Chiesi spiegazioni e mi dissero che c’era una persona che mi voleva parlare”. Corvino ci mise pochissimo a convincere Erminio e un po’ di più a persuadere la madre che “si convinse quando le fu assicurato che sarei stato seguito in tutto, dalla scuola a ogni altro aspetto. Ed era vero perché quel settore giovanile fu anche una grande palestra di vita: buoni voti, capelli in ordine, mica come ora. Oggi di Corvino che vanno sui campi ce ne sono sempre meno. Fanno tutto al computer, ma i giocatori è difficile capirli da un software…”.

Fatto sta che scegliere seguendo il cuore ha frenato la corsa di Erminio. Un secondo anno a Napoli senza squilli, passato soprattutto a guardare Lavezzi, “che si presentò con la pancia ma ci mise poco a far capire chi fosse”, e Hamsik, “un ragazzo timidissimo che oggi è un orgoglio per tutta la città”. Sliding doors: la carriera dello slovacco iniziò quell’anno, quella di Rullo invece ha cominciato lì la sua parabola discendente. In giro per l’Italia a cercare di ritrovarsi, prima Trieste, poi Modena, dove stava tornando a ottimi livelli, prima che un infortunio lo bloccasse nuovamente. E allora ancora Lecce, poi Messina, Martina Franca fino ad arrivare ai giorni nostri, in serie D con l’Olympia Agnonese. Centrale difensivo: un ritorno alle origini. “Abbiamo giocato un’amichevole contro il Pescara di Zeman. Mi ha preso in giro subito per il ruolo. Non hai più voglia di correre eh, Erminio. Sarà che ho fatto tanti di quei chilometri con lui…”.

Nella squadra molisana, dodicesima nel girone F, Rullo fa da chioccia ai giovani e ha trovato una sua dimensione. “Sono qui perché mi diverto e posso giocare con continuità. Regole strampalate hanno infarcito la serie C di under, abbassando notevolmente il livello. Oggi i giovani si sentono fenomeni perché hanno il posto garantito. Prima ti dovevi sudare ogni minuto e arrivavi preparato agli appuntamenti coi grandi”.

Oggi Erminio guarda quei ragazzi ripensando anche al suo passato. Ai tempi della Primavera lo chiamavano Rullo Carlos e, come il brasiliano, ebbe una stagione dirompente nell’Inter. Quella dei giovani, ovviamente. “Vincemmo un campionato con Pandev e Oba Oba Martins in attacco. Non proprio malissimo…”. Terminata l'esperienza in nerazzurro, Rullo fece ritorno a Lecce dove, prima di affermarsi in prima squadra, ha conquistato altri due scudetti Primavera con la formazione giallorossa: un talismano della categoria, insomma.

Sono passati più di 13 anni dall'ultimo scudetto Primavera. Oggi è padre di tre figli. Due bambine di 10 e 8 anni, una ballerina e l’altra ginnasta. L’ultimo arrivato ha 18 mesi, “e l’ho messo già alla televisione a vedersi le partite con me”. Forse un giorno lo allenerà, probabilmente la prossima professione del 33enne di Casoria. “Mi piacerebbe. Ho avuto ottimi maestri da cui ho imparato molto, anche se quello che mi piace di più ora è il mio vecchio compagno De Zerbi. Ha avuto coraggio a scegliere Benevento e le sue squadre mi divertono sempre”.

Divertirsi: parola d’ordine per Erminio Rullo. Un ragazzo di 33 anni che da Agnone vede ancora azzurro.



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