Dodici anni fa, di questi tempi, saliva sul tetto del mondo. Adesso Marcello Lippi osserva il Mondiale al mare, da Formentera, come uno dei tanti appassionati. Ha rischiato anche di andarci in Russia, dopo una pazza rincorsa con la Cina, però alla fine non ce l’ha fatta: “Ma stiamo crescendo – ammette in esclusiva alla Gazzetta dello Sport – speriamo di andare in Qatar fra quattro anni”.
Un Mondiale ricco di sorprese, ma non quanto basta per sorprenderlo: “Perché alla fine – continua Lippi – si tratta di un torneo attuale che rispecchia quanto sta accadendo nel calcio. Anche una squadra piccola ha 15-16 giocatori che giocano in Inghilterra. Spagna o Italia. Poi ho visto tensione e preoccupazione negli occhi dei big e delle grandi, paura di non rispettare le aspettative. Ecco perché la nazionali storiche soffrono e non ci sono più le squadre su cui si passeggia”.
Sorprese che aumentano i rimpianti dell’Italia: “Purtroppo sì, avrebbe fatto bene, perché comunque ha qualità. Sull’eliminazione con la Svezia si possono fare mille riflessioni: in quasi 90 anni abbiamo fallito la qualificazione due volte, ma abbiamo pur sempre vinto quattro Mondiali, perdendone uno ai rigori. E per il futuro ci sono giovani validi e un tecnico come Mancini che può fare cose importanti. Certo, ora rosichiamo. Come la Germania. Ho scoperto che dal 2006 le campioni, anche noi purtroppo, escono al primo turno”.
Già, l’Italia. L’occhio non può che cadere sul mercato delle grandi, a partire dal Napoli di Ancelotti: “Cioè il miglior allenatore del mondo da dieci anni – ammette Lippi - una grande sfida. Ma prima di qualunque giudizio lasciatemi aspettare la fine del mercato: vediamo che giocatori avrà”. Poi l’Inter, vera protagonista fino a questo momento: “Sì, una campagna acquisti fantastica in ogni settore, la possibilità di giocare con più sistemi, una rosa completa. Sarà molto più competitiva”.
Infine la Juventus e il sogno Cristiano Ronaldo: “Le cifre sono folli, ma fino a un certo punto. Ci sono giocatori valutati di più negli ultimi tempi. Astronomico forse è l’ingaggio, ma si sa che non paga tutto il club: ci sono sponsor, investimenti, merchandising. Credo che l’aspetto economico sia più semplice di quello che si pensi. Poi c’è quello tecnico e, credo, la voglia di vincere la Champions con un giocatore straordinario che segna più gol di quante partite giochi. Di testa, rovesciata, tacco… ripeto: se la voglia di Champions fosse così forte…”
L’intervista in forma integrale sulla Gazzetta dello Sport stamani in edicola