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Data: 28/03/2018 -

L'Inter nel cuore, Ibra e le (non) esultanze. Edoardo Vergani, il bomber silenzioso che ha deciso il Viareggio

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Milano è la sua terra, il nerazzurro il colore che ha nel cuore da quando è nato. Nel 2001, a Segrate. Un comune di 35 000 abitanti circa, fra cui si distingue un ragazzo che vive per il gol. La sua ossessione, come quella di ogni attaccante. Edoardo il nome, Vergani il cognome che, un giorno, sogna di mostrare a tutta la Curva Nord. Laddove prima andava con papà Mario, tifoso interista da sempre. Da quattro anni lo è per una ragione in particolare, per l'affetto che ogni padre nutre nei confronti del figlio. Perché, nel frattempo, Edoardo sogna di giocarci a San Siro, lasciando ben custodita nell'armadio di camera la sciarpa delle prime gite allo stadio. Tutto è iniziato a cinque anni, quando la barba ancora non c'era e i riccioli erano più chiari. I primi calci nelle scuole calcio limitrofe di Carugate e Monza, vagonate di gol fin da subito. Parole poche, perché è timido e preferisce far parlare il campo. L'esultanza? Solo per le partite importanti, perché "Il gol è un momento di gioia personale" e lui preferisce urlare dentro di sé piuttosto che davanti ai tifosi. Anche se oggi le circostanze quasi gli imponevano di lasciarsi andare. Ha deciso un Torneo di Viareggio. Lo ha fatto partendo dalla panchina ed entrando nella mischia a venti minuti dalla fine. Gliene sono bastati cinque nel supplementare per regalare il trofeo ai compagni. Uscita sbagliata di Ghidotti e colpo da biliardo che si insacca in fondo alla rete. Chiamatelo istinto da bomber, se volete. Zampata di un predestinato, se preferite.

E pensare che in campo è il più piccolo di tutti. Fino ad oggi con la Primavera aveva giocato solo due minuti, il classico cambio della disperazione per riacciuffare un derby poi perso, lo scorso gennaio. Poi altri 25 minuti in questo Torneo di Viareggio, cinque con la Pro Vercelli e venti con il Genoa. Sullo sfondo i 17 gol in 20 presenze con gli Allievi, di cui è leader e capitano. Una rete ogni 89', una media che in pochi hanno. Prima punta di quelle eleganti, che non lasciano scampo. Come Ibra, suo modello da sempre. Letale come la Ducati sul rettilineo, come il suo idolo Dovizioso che incrocia e batte Marquez all'ultima curva in Qatar. Deve imparare ad essere più cattivo Edoardo. La troppa leggerezza l'unico difetto che gli rimproverano, la poca cattiveria la sola arma che gli manca per poter pensare in grande.

Tante le squadre che lo volevano, ma quando l'Inter ha bussato alla porta non c'è stato nemmeno il bisogno di chiedere. Intesa trovata subito, papà Mario che esulta come un bambino, la mamma che si raccomanda di non trascurare gli studi. Una corsa continua, dai Giovanissimi alla Primavera. Mezza Premier che si innamora di lui, ma poco conta. Anche lo United ha bussato alla porta a quanto dicono, trovando un semplice e sincero "No, grazie". L'Inter se lo coccola, lui che può essere l'ennesimo attaccante di un vivaio impressionante. Destro, Balotelli e non solo. Pinamonti che freme e molti altri. Edoardo Vergani, il bomber silenzioso, che continua a fare quello che gli riesce meglio: segnare e decidere le partite. A parlare, poi, saranno gli altri, non lui. Magari dopo un gol nel derby. Lì sì, esulterebbe. Come oggi, come quando conta e il pallone inizia a scottare. Così fanno i campioni.



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