Uno scudetto in giallorosso e tanta nostalgia di Roma, Herbert Phroaska.Ex giallorosso, sì, ma soprattutto bandiera dell’Austria Vienna. E guarda un po’ il destino: giovedì in programma c’è proprio Roma-Austria Vienna di Europa League. “Sono a New York. Da mesi avevo prenotato questo viaggio perché è il compleanno di mia moglie Elisabeth, e che succede? – ha dichiarato l’austriaco intervistato da ‘La Gazzetta dello Sport’- Il sorteggio ha messo Roma-Austria Vienna proprio quando sono fuori. E sì che avevo promesso a tutta la famiglia di portarla in Italia...".
Cuore giallorosso sì, ma riguardo a chi tifare qualche dubbio persiste: “La Roma mi perdonerà: in giallorosso ho vissuto il momento più bello della mia carriera, ma 14 anni col Vienna, senza contare le stagioni in cui l’ho allenato, non si dimenticano. Diciamo che spero passino il turno tutte e due”.
Su chi sia la favorita delle due non c’è alcun dubbio, secondo Phroaska: “La squadra di Spalletti è nettamente più forte. Il suo collega Fink non ha Dzeko o Salah. Il posto dei giallorossi doveva essere la Champions, ma col Porto sono stati anche po’ sfortunati. Detto questo, credo che l’obiettivo degli austriaci è quella di fare almeno un punto nelle due partite. Occhio però, perché finora in trasferta hanno sempre vinto e davanti hanno una coppia di attaccanti veloci come Kayode e Venturo che possono dare fastidio – continua - E immagino anche che l’obiettivo vero della Roma sia il campionato e che giovedì facciano riposare alcuni titolari. Per me la Roma è la seconda forza del campionato: 5 punti di distanza non sono pochi, ma se i bianconeri sbagliano tutto può succedere”.
Quando si parla di Roma, impossibile non citare Totti: “È fantastico, il più forte giocatore della storia della Roma, ma credo che a questo punto debba essere un po’ difficile da allenare, perché immagino che lui voglia giocare sempre e la gente vorrebbe vederlo sempre in campo. Un bel problema per Spalletti, che comunque considero un grande tecnico, perché gestire certe situazioni a Roma non è facile. Anzi, non lo era neppure ai miei tempi”.
Sui numerosi giocatori stranieri e le proprietà provenienti dall’estero: “Una volta di straniero c’ero solo io fra venti italiani, ora magari c’è un solo italiano in mezzo a tutti stranieri. Ciò che conta non è avere presidenti residenti all’estero, ma averli che capiscano di calcio. Loro fanno business e si comportano così: se non fai risultati, vai via. Secondo me non è giusto, ma sono dei professionisti e bisogna accettarlo”.
Phroaska ex Roma, ma anche ex Inter. Che ricordi coi nerazzurri, anche se il momento attuale non è certamente dei migliori per la squadra milanese: “È incredibile che un club come l’Inter sia in questa situazione perché una società così importante dovrebbe lottare sempre lo scudetto e vivere serena. Quando nel 1980 mi contattarono, l’offerta migliore era quella del Bologna, ma mi pressava anche il Milan. Non solo: il mio amico Krankl mi telefonava per farmi andare al Barcellona, ma io scelsi l’Inter, anche se dopo due anni mi cedettero per Hansi Muller, che però arrivò già rotto. A Roma però sono stato felice, tant’è vero che quando presero Cerezo al mio posto per me fu una tragedia. Pensavo già di chiudere la carriera in giallorosso e cominciare ad allenare dalle giovanili, ma Viola poi mi disse che era stato il suo più grande errore ed a quel punto fui vicino ad andare al Torino, dove giocava il mio amico Schachner, ma ero così deluso che preferii tornare a Vienna”.
Ora tutt’altro genere di vita per l’ex calciatore: commentatore tv di successo e cantante dei «The real holy boys»: “È vero. Certo, sono solo un dilettante, ma abbiamo anche inciso un cd con canzoni in tedesco, inglese e anche italiano. Cantiamo anche “Gianna” di Rino Gaetano, sapete? La vostra musica mi è sempre piaciuta parecchio. Un aneddoto: quando giocavo nell’Inter, una sera a Milano andai in una trattoria insieme a mia moglie quando vedemmo che in uno dei tavoli vicino al nostro c’era proprio Celentano. Volevo alzarmi per andare a salutarlo e farmi fare un autografo, ma Elisabeth mi gelò: ‘Che fai? Non puoi andare a disturbarlo, sta mangiando, non è educato fare così’. Io a malincuore mi convinsi e continuai la cena come se niente fosse quando all’improvviso alzai lo sguardo e vidi che Celentano era venuto al mio tavolo e mi disse: ‘Scusi Prohaska, sono un tifoso dell’Inter, mi farebbe un autografo per favore?’. Fu incredibile”.