Lo avevamo lasciato così: su un letto di Villa Stuat con il pollice in su, una gamba ancora fasciata ed un sorriso. Ecco, quello Arek Milik non l'ha mai perso. Neanche dopo quel Polonia-Danimarca dello scorso ottobre quando il responso del medico della nazionale polacca fu chiaro: "Legamento ko". Cinque mesi dopo riecco Milik, dal primo minuto in campionato. Probabilmente in campo col Crotone, 160 giorni dopo l'infortunio. Una strana parabola temporale la sua: subito un quasi idolo a Napoli, poi il ko e infine (adesso) il ritorno. Quando si parla di Milik in azzurro c’è un prima e un dopo. C’è l’esplosione, la caduta e la rinascita. La prima parte inizia il 2 agosto 2016, giorno della firma con il Napoli. Ci sono i gol, tanti. 7 in 15 presenze. C’è la meraviglia per la scoperta di un talento cristallino, a cui sono bastate poche partite per entrare nel cuore dei tifosi azzurri, ancora in pena per l’addio dell’idolo Higuain. Per un 9 che va un 99 che arriva: perché come diceva il grande Totò " fai vedere che abbondiamo". Due partite per far innamorare tutti: quella col Milan, la prima al San Paolo e quella con la Dinamo Kiev, la prima in Champions. Due doppiette e Higuain diventato già un lontano ricordo. Come un segno del destino nel quale però era scritto che qualcosa si dovesse rompere. Ed è il ginocchio sinistro a di Arek a fare crac. Da lì il blackout.
Il secondo capitolo di Milik al Napoli si è aperto il 15 febbraio, giorno del suo ritorno in campo nella partita con il Real Madrid. Un capitolo ancora tutto da scrivere. “Quando ho saputo la diagnosi ero disperato”. Non stentiamo a crederci. Ma il dolore è durato poco. Si è rialzato presto Milik, senza più piangersi addosso, lavorando sodo: sul ginocchio e su se stesso. Come dimostrato da quel sorriso: stampato sempre a tutto schermo. Sì, perché è dai social che ha sempre fatto capire che non aveva voglia di mollare. ”Coraz lepiej”, ossia “sempre meglio”: è stato il suo motto per rialzarsi. “Chissà forse è fatto di un’altra pasta!”. Ha detto Max Biagi di lui vedendolo uscire da Villa Stuart tre giorni dopo l’intervento. Sempre allegro Arek, forse perché sapeva che prima o poi sarebbe tornato. Forse più forte, sicuramente più voglioso. Sorride sempre, questione di esperienze, di priorità. Sa cosa sono le cose importanti nella vita. Cosa volete che sia un crociato rotto quando a 6 anni perdi un padre. Figura fondamentale, certo. Per questo la sua adolescenza non è stata delle più facili. Piccoli furti, frequentazioni poco raccomandabili, futuro incerto. La salvezza? Il calcio. Risposta quasi scontata.
Ne ha fatta di strada, da Gornik Zabrze al Napoli, passando per Bayer Leverkusen, Augusta e Ajax, il paradiso per chi è pronto a spiccare il volo. In Olanda Milik esplode, mette le ali. Sotto la guida di de Boer diventa un attaccante completo, devastante. Ronald -l'altro de Boer - lo ha presentato così: “Il suo è uno dei piedi sinistri migliori che io abbia mai visto. Sarebbe capace di fare di tutto con quel mancino, nella mia vita credo di non aver mai conosciuto un attaccante con qualità simili”. E dici poco, anche se a parlare per lui erano già i numeri: 47 gol in 75 presenze. Meglio anche di Ibra e Kluivert nei primi due anni di Ajax dove solo Suarez ha fatto meglio del polacco nei prima 24 mesi, con 50 reti all’attivo. Numeri e prestazioni che gli valgono la convocazione per Euro 2016. Il suo palcoscenico definitivo. In coppia con Lewandowski incanta. Il gol all’esordio contro l’Irlanda del Nord lo eleva al grado di attaccante di livello mondiale.
Il resto è storia recente. E a Napoli Arek non ha tradito le aspettative. Si è confermato bomber straordinario, dalle potenzialità ancora non del tutto esplorate. Col mancino, col destro, di testa, di forza e di precisione. Ha segnato in tutti i modi, in tutte le salse. Forse perché a Napoli ha trovato anche un po’ di Polonia. Legame indissolubile il suo con il paese di origine. Così a farlo sentire un po’ più a casa ci hanno pensato Zielinski, Lasicki (passato al Carpi a gennaio) e…Boniek. Con i primi due ha creato il club #Napolonia, termine coniato sul suo profilo Twitter. L’ex giallorosso invece lo va a trovare spesso, per consigliarlo forse, chissà. Di sicuro parleranno in polacco: così casa sembrerà un po’ più vicina. Ma non deve disperare Milik, riabbraccerà presto la sua Polonia. Già durante la prossima sosta, per rispondere alla convocazione della nazionale maggiore. E se non dovesse bastargli il ct dell’Under 21 polacca, Dorna, lo vorrebbe con sé per gli Europei di categoria che inizieranno a giugno. Contento? Sicuramente sì.
Lo è anche Sarri, che finalmente potrà abbracciare il suo bomber a tempo pieno. Anche se nella conferenza stampa prepartita non si è sbilanciato: “E’ guarito, ma non è ancora al top della forma”. Pretattica? Forse. Sicuramente il tecnico napoletano lo sta gestendo con parsimonia. 91 minuti tra Real Madrid (andata e ritorno), Chievo, Atalanta e Roma. Poi la partenza dal primo minuto nella sfida di Coppa Italia contro la Juventus. Fino ad arrivare ad oggi. Potrebbe ritrovare spazio tra gli 11 titolari in campionato 5 mesi dopo. Dalla partita contro l’Atalanta del 2 ottobre scorso. Il gol che manca l’ha già promesso ai camerieri di Palazzo Petrucci, dove si era recato per smaltire la delusione per la sconfitta con il Real Madrid. E’ uomo di parola Arek. Fa quello che dice. Aveva promesso di tornare presto e lo ha fatto. Aveva detto di voler vestire la maglia della Polonia un giorno e lo ha fatto da un pezzo. Spera di ripercorrere le orme di Lewandowski e ci sta riuscendo. Quindi perché non credergli? Basta fidarsi del suo sorriso.