Leo Junior, cuore granata. Torino-Pescara, sarà un match speciale per l'ex centrocampista della nazionale brasiliana, che non ha dimenticato l'Italia. Junior ne ha per tutti, a cominciare dal litigio che ha visto coinvolti Belotti e Iago Falque:
"Fatti così nel mio Toro non potevano succedere" - si legge nelle pagine di Tuttosport - "E se queste cose capitano è anche perché c’è una mancanza di comando. Ho scoperto che è un problema che si è ripetuto. Un allenatore deve intervenire per tempo, decidere lui. Se non lo fa, permette soltanto che si alimentino tensioni e ansie tra i giocatori. Ma se non interviene lo stesso, nonostante tutto, allora deve pensarci la società. Un dirigente di alto livello deve prendere da parte il tecnico, parlargli e aiutarlo a non sbagliare. Ma se l’allenatore non ha mai deciso, in questi mesi, e i dirigenti del Toro hanno lasciato fare, c’è solo una cosa da dire, a mio parere: hanno tutti scaricato le responsabilità, per errore o per incapacità, inesperienza. Queste cose non le devono decidere i giocatori, ma chi li allena, chi li deve dirigere".
Junior non ha un buon concetto dei calciatori di oggi: "Adesso i calciatori vanno e vengono. Ai miei tempi tanti calciatori arrivavano dal vivaio o giocavano nel Toro da anni. Per cui conoscevano la dimensione del Torino, portavano sulle spalle l’identità granata. E per uno straniero come me, per esempio, era più facile inserirsi, comprendere l’ambiente. Capire cos’è il Toro, insomma. E cosa si aspettano i tifosi. C’erano grandi dirigenti come Nizzola e Moggi, ma anche tanti collaboratori a ogni livello, vicino ai giocatori, che lavoravano da molti anni nel Toro, che avevano valori da trasmettere. Insegnamenti. Mihajlovic? Un allenatore così spigoloso avrebbe bisogno di dirigenti di alto livello, capaci di aiutare sia lui sia i giocatori a sbagliare di meno. E di portare equilibrio e tranquillità, in certi momenti. Per quel che ne so io, il Torino di oggi non ha la struttura forte, compatta e ricca di storia granata che c’era in passato. Giocatori? Non sono attaccati alla maglia come ai miei tempi. Giocano tanto per giocare. Tanto sanno che, nel caso, un posto in qualche altra squadra lo trovano sempre. Pensano prima ai contratti, e dopo alla maglia. E così non costruisci grandi gruppi".
Parole pesanti per il presidente Urbano Cairo: "Io compresi subito chi è Cairo tanti anni fa, quando lo incontrai. Andai a cena con lui e Comi. Voleva che facessi l’osservatore del Toro in Brasile per i suoi... occhi belli, per il colore dei suoi occhi... perché li aveva verdi o azzurri... Io ho capito che a Cairo interessano i soldi, interessa chiudere i bilanci in attivo. Il Toro viene dopo. E chissenefrega dei sentimenti dei tifosi! Ho capito subito che voleva guadagnare. Per questo non mi sorprende affatto se la squadra continua a galleggiare a metà classifica, o poco più su. E se i giocatori migliori vengono venduti dopo due o tre stagioni. E se non costruisce una grande struttura dirigenziale e un grande spogliatoio. Ma il Toro e i suoi tifosi meritano di più. L’Europa sarebbe la dimensione giusta del Toro pure al giorno d’oggi, anche se i grandi club hanno ricavi non paragonabili con quelli delle altre società. Ma evidentemente a Cairo va bene così. A Cairo basta così".