Le lacrime. Tante. Ma l'Arena Conda ieri era davvero piena. E un coro si è alzato da subito: "Força Chape". Quel grido di consolazione e vicinanza che è diventato motivo di unione, si è fatto hashtag ed ha portato alla squadra brasiliana sconvolta dalla tragedia aerea di Medellin solidarietà da parte di tutto il mondo del calcio. Impossibile dimenticare. Andare avanti un obbligo. Per ricordare chi non c'è più e far rinascere il club. Poche settimane fa la presentazione della nuova squadra: nuovo allenatore, nuovo staff, i giocatori 'prestati' da tutti i club brasiliani, i giovani della stessa Chape promossi in prima squadra, per ripartire anche da loro. Il futuro. E poi Neto, uno dei sopravvissuti. I suoi ricordi, le sue parole.
Chapecoense è tornata in campo per la prima volta dalla tragedia. Cinquantatre giorni dopo. Un'amichevole contro il Palmeiras. E' finita 2-2 ma il risultato è l'ultima cosa a cui si è guardato. Oltre 90 minuti di pura emozione. E condivisione, perché tutti i tifosi presenti hanno vissuto insieme quei 90, e più, minuti di partita. Uniti. Fin dall'inizio. Da quando il portiere Jackson Follmann, sopravvissuto e con una gamba parzialmente amputata, insieme a Neto, Ruschel, ha alzato al cielo la Coppa Sudamericana, consegnata alla Chape nonostante quella finale mai giocata. Commozione. Soprattutto quando l'ha sollevata, come ad avvicinarla a tutti i suoi compagni (19) che hanno perso la vita nella tragedia aerea dello scorso novembre. Poi al 71' della partita la commemorazione per tutte e 71 le vittime. Si fermano tutti in campo. Un altro momento carico d'emozione. Grolli e Amaral i marcatori di ieri per la Chape. Abbracci dopo il gol e mani ad indicare il cielo. Per dedicarli a chi non c'è più. Anche per loro la Chapecoense è ritornata in campo. Tra lacrime, commozione e tanta voglia di rinascere. #ForçaChape.