Dalla crisi di Dortmund alla rinascita laziale, il calcio italiano ha ritrovato il bomber Ciro Immobile. Cinquanta presenze e trentotto reti in poco più di un anno in biancoceleste, Ciro a fine settembre si trova già in doppia cifra: solo Dybala regge il passo. Ma dov'è nato tutto? Domanda che il Corriere dello Sport ha fatto direttamente all'attaccante azzurro. "Nella mia cameretta" - dichiara il 17 della Lazio - "C’erano una decina di palloni, una porta piccola e poi tanti giornali. Perché a volte io e mio fratello facevamo il pallone con la carta. Mia madre infatti si lamentava che, a casa, con quello di plastica rompevamo troppe cose. Io e mio fratello, pur di giocare, raccoglievamo tutti i giornali e facevamo una sfera che “chiudevamo” con lo scotch. Veniva bene, in fondo, era calciabile e così non si rompeva niente. Poi ovviamente sulle pareti poster della Nazionale e della Juventus, perché noi eravamo juventini, da piccoli".
A 16 anni il trasferimento a Torino: "E’ stato difficile. Una città nuova, diversa, compagni di altre regioni, anche di altre nazioni. All’inizio è stata tosta: andavo a scuola e c’era un pullman che veniva a prendere tutti i ragazzi che venivano da fuori per portarci all’allenamento. C’era poco tempo libero e a noi minorenni non ci facevano uscire, bisognava avere un permesso scritto dai genitori. Era dura. E’ stato un bel sacrificio lì, ma ero in una società importantissima, che mi ha dato l’occasione di poter giocare campionati più importanti e di poter crescere. E’ partito tutto da lì. Sfondare nella Juventus? Stavo facendo bene l’anno di Pescara e potevo avere l’occasione di ritornare. Poi anche in seguito, quando sono andato al Genoa in serie A, a gennaio c’era l’opportunità perché Conte aveva bisogno di un attaccante, solo che il Genoa non ha accettato e quindi ho perso l’occasione. Poi ho giocato nel Torino, lì sono diventato il capocannoniere, e la cosa si è fatta più difficile: stare nella stessa città ma cambiare maglia sarebbe stato complicato quindi sia io che la Juventus abbiamo preso strade diverse".
Quest'anno la definitiva consacrazione con la Lazio? Immobile ha trovato l'ambiente ideale: "Sì, al pari con il Torino. Anche in granata mi sono trovato bene. Ventura mi ha lanciato nel calcio vero, quello della serie A. Venivo dal Genoa, dove avevo fatto male, e Ventura, fin dall’inizio, mi ha sempre dato fiducia. Quell’anno ci siamo divertiti, perché io sono stato il capocannoniere del campionato e la squadra ha raggiunto l’Europa League. E’ stata un’annata fantastica. Mister Inzaghi è stato capace di farmi ritrovare la fiducia in me stesso, di farmi essere protagonista nella società, nella città più importante d’Italia. Gli sarò sempre grato. Dortmund? Era difficile vivere, per me. Perché ero da solo, lontano dalla famiglia e non capivo la lingua, ero in difficoltà. Per fortuna in campo c’era l’interprete che stava sempre con me e quando l’allenatore parlava e non capivo spiegava un po’ di situazioni. Però poi fuori dal campo era tutto molto complicato".
I giornali tedeschi hanno fatto il resto: "Non lo so perché, non l’ho mai capito sinceramente. Secondo me era una questione pregiudiziale perché da subito hanno pubblicato degli articoli in cui dicevano “Il Bayern Monaco compra dal Real Madrid e invece il Borussia Dortmund dal Torino”. Non gli sono mai stato simpatico. Forse ce l’hanno con gli italiani dal Mondiale del 2006…". In Spagna le cose sono andate un po' meglio: "A Siviglia mi trovavo bene. Rispetto a Dortmund era una bella città, la gente era caliente, un po’ come al sud da noi. Avevamo trovato una bella casa e stavamo molto bene. Lì purtroppo non ero in prima fila nelle gerarchie dell’allenatore e non ho avuto la possibilità di esprimermi al meglio. Alla fine ho solo chiesto di poter andare via, perché lì non mi sentivo tecnicamente a mio agio. La mia forza è stata quella di poter dire: non piaccio a Emery? Mi metto l’anima in pace,non fa niente, tanto non è che lui allena tutte le squadre. Ci sarà un altro allenatore a cui piaccio. Infatti è arrivato Inzaghi e ha risolto tutto".
Sul rapporto con Zeman: "Ci siamo trovati molto bene. Anche fuori dal campo: un maestro di vita molto simpatico, molto alla mano, diverso da come si vede in tv". Obiettivi della Lazio: "Stiamo disputando un campionato di vertice. Adesso non ci possiamo più nascondere, stiamo facendo un campionato importante quindi dobbiamo proseguire, non dobbiamo perdere il passo con quelle avanti. Sicuramente non saremo al livello della Juve e del Napoli, però passo dopo passo, cerchiamo di avvicinarci…". In chiusura d'intervista Ciro spiega cosa significa fare gol: "Una soddisfazione grande, perché lavoro tutta la settimana per poter raggiungere il mio obiettivo. E l’obiettivo, visto che faccio l’attaccante, è segnare. Se ci riesco vuol dire che ho lavorato bene".