Possono coesistere la passione per lo sci, quella per il calcio, per il cinema e sette esami sostenuti alla Facoltà di Scienze Politiche? La risposta è si. E la prova vivente è Federico Maracchi, più famoso per il calcio, a dir la verità, che per il resto. Soprattutto a Trapani, dove alla prima del girone di ritorno, il suo esordio in maglia granata ha bollato il gol della vittoria, che ha riacceso il cammino della squadra di Calori verso la salvezza. “Un'emozione unica, non sapevo cosa fare, cosa pensare, come esultare, mi hanno sfottuto in tanti per questa indecisione. Ma ero emozionato, sotto la curva poi. E' stato tutto perfetto”. Alla fine l'esultanza è uscita fuori. Naturale, romantica. Un cuore per la sua Silvia, che ha lasciato a Trieste senza neanche salutare. "Devi andare a Trapani" e via sul treno. Amore ma anche perdono, visto che è spettata a lei l'incombenza del trasloco da Desenzano. L'ultimo ricordo della sua esperienza alla Feralpi Salò in Lega Pro. Sorride Federico parlando della sua carriera. Una vita passata sui campi che scorre lenta davanti agli occhi, come i film che lui ama tanto: “Mi mancano solo Seconda, Terza categoria e la serie A, poi ho giocato in tutti i campionati segnando almeno un gol”. E' un vanto. Nella sua voce non c'è la minima interferenza. È sincero Federico, non c'è nulla da nascondere, ma qualcosa da raccontare. Magari ai ragazzini che un giorno vorrà allenare, diventando per loro un esempio ed un mito, come per lui è stato Filippo Inzaghi, che ha avuto parole capaci di riempire il serbatoio dell'autostima.
E' composto Federico, l'aspetto e l'espressione da bravo ragazzo, di quelli che lavorano sodo, e che amano quello che fanno, anche se papà lo avrebbe voluto sulle piste da sci: “Ad un certo punto ho dovuto scegliere, ma rimane una mia grande passione. La montagna ha sempre il suo fascino, è stato un bel periodo”. Un liceo scientifico e sette esami all'università di Trieste. Una maturità conseguita grazie all'aiuto di mamma: “Una super mamma la mia Elisabetta”. A lei sono concesse le critiche e i consigli. Un fratello più piccolo lontano dal mondo del calcio, ma che non si perde una sua partita. Autocritico Maracchi, forse troppo: pensa e ripensa, soprattutto agli errori. Rivede il suo film personale, con le tinte del suo regista preferito, Quentin Tarantino. Il tutto girato solo nella propria mente: scenografia e montaggio delle sue esperienze che l'hanno fatto crescere. L'ambientazione migliore? Nel 2008. Il passaggio, in soli due mesi, dalla serie B con la Triestina di Maran al San Giovanni in Prima Categoria. In pochissimo tempo una prospettiva che cambia, un impatto emotivo difficile ma egregiamente superato: “E' stata tosta, non è stato facile, mi ha aiutato il fatto di tornare a giocare a casa e con gli amici, che ovviamente mi hanno preso in giro all'infinito”. Una risata vera e fragorosa, ma sempre genuina, per il ragazzo biondo con il maglioncino a girocollo. Compostezza e semplicità. Poi l'Eccellenza, la serie D, e il ritorno tra i professionisti: Treviso, Venezia, Pordenone e Feralpi Salò. L'arrivo a Trapani come ultima tappa di una lunga risalita: “Sento l'attaccamento della gente, la voglia di credere nella salvezza, è lo stimolo giusto per me”. Forse la maglia granata era nel suo destino, anche lui infatti, come l'ex Matteo Scozzarella, è nato a Trieste il 5 giugno del 1988. E poi aveva anche fatto gol proprio al Trapani quest'estate, in amichevole e da avversario. Quando si dice i predestinati. E' felice Maracchi, di quella felicità delle persone vere, che sognano ancora la serie A: “Mi concedo altri due – tre anni. Ma la seconda e la terza categoria, quelle, voglio farle di sicuro”. Le riprese del film sulla salvezza granata, sono già iniziate. Regista? Quentin, ovviamente. Con Maracchi Miglior Attore Protagonista.