“La mia passione per il calcio è talmente forte che ogni anno penso di dover smettere, ma poi arriva il momento di farlo e non ci riesco”. Ci sono due cose a cui un uomo non riesce a comandare: al cuore e… al pallone! Storie di calcio. Passione, vita. Vita che Dino Fava Passaro sta dedicando a quello che è per lui più di un semplice sport. I nostalgici lo ricorderanno in Serie A, con le maglie di Udinese e Treviso. A quasi 40 anni, però, Fava non vuol saperne di smettere. Continua a correre e segnare nell'Eccellenza campana, con la maglia del Portici. In una categoria in cui è riuscito a calarsi con grande umiltà, tanto da meritare la stima anche dei suoi avversari. “Nei miei confronti c’è molto rispetto e questo mi fa davvero piacere – racconta Dino Fava a gianlucadimarzio.com - e tanti miei avversari mi fanno i complimenti per l’umiltà e la voglia che ancora oggi ho. Tutti mi chiedono perché continui a giocare nonostante il mio trascorso ed io rispondo che la mia passione è così forte da non riuscire a stare a casa”.
Ma quando si pensa a Dino Fava Passaro non si può non avere nostalgia di un calcio che forse non c’è più. Di quelle figurine dei calciatori, di quei fantacalcio che ancora oggi fanno venire i brividi. “Sì, e questa è una cosa che noto ovunque vado. Soprattutto sui campi, quando gioco, ricevo tantissimi complimenti. Questo è un motivo d’orgoglio per me. Ho giocato nell’ultimo periodo in cui la Serie A era davvero meravigliosa, avendo la fortuna di affrontare Ibrahimovic, Figo, Ronaldo e tanti altri campioni. Che campionati che c’erano all’epoca! E’ un calcio che mi manca tantissimo, così come manca a molte altre persone. Oggi non vedi più quello spettacolo, quel gioco che c’era prima”. Fava 40 anni li compirà a marzo. C’è chi, come Francesco Totti, 40 li ha già compiuti e continua a dettar legge in Serie A: “Ho la fortuna di avere la sua maglia. La scambiai in un Udinese-Roma e ce l’ho ben custodita a casa. L’ho affrontato quando era al top della forma, un fenomeno!”. E il giocatore più forte mai affrontato? Fava non ha dubbi: “Cannavaro. Lo affrontai prima del Pallone d’Oro, era insuperabile. Giocarci contro era veramente impossibile”.
Si parla di Serie A, ed affiorano i ricordi… “Ripensare a quando stavo in campo è divertente, perché io in quei momenti neanche immaginavo cosa mi stesse accadendo. Ricordo l’esordio a San Siro, giocai titolare: mi trovai di fronte Maldini, Costacurta, Kaka, Inzaghi, Shevchenko. Dopo pochi minuti Pirlo sbagliò una palla a centrocampo, partimmo in contropiede e segnai l’1-0. Quella partita la vincemmo per 2-1, fu un’emozione incredibile. Anche perché, nei momenti di pausa della gara, ritornavo alla realtà e pensavo ‘ma porca miseria, questo è proprio Maldini’! Sono ricordi che non svaniranno mai”. Momenti emozionanti sì, ma la carriera riserva anche delusioni e rimpianti. “Il mio più grande errore è stato trasferirmi a Treviso. Ero all’Udinese, reduce da una grande esperienza. In quel periodo mi cercava anche il Napoli, che avevo già rifiutato in precedenza perché giocavo l’Europa League in bianconero e non me la sentivo di scendere di categoria. Gli azzurri poi mi hanno cercato nuovamente a distanza di un anno, però scelsi Treviso. Sbagliando, perché quella società non era attrezzata per fare la Serie A e retrocedemmo dopo un brutto campionato. E' lì che diedi addio alla Serie A, purtroppo feci una scelta sbagliata”.
Anni di imprese in campo ma anche di scene di vita vissute negli spogliatoi. “A Udine non ci facevamo mancare gli scherzi, soprattutto ai magazzinieri. Una volta riempimmo la cesta dei panni sporchi con dei pesi, che risate quando il magazziniere rimase bloccato. Il più burlone? Sicuramente Pinzi, era uno spasso”. Rapporti nati grazie al calcio che ancora oggi, a distanza di anni, restano vivi. “Ultimamente sono stato a Milano, ospite di Handanovic agli allenamenti dell’Inter. Mio figlio è un tifoso nerazzurro e Samir mi ha permesso di fargli questo regalo. E’ un ragazzo fantastico, rimasto umile nonostante la grande carriera che sta facendo”. Il calcio regala amicizie, momenti divertenti. Ma ci sono anche delle fasi in cui lo spogliatoio è fondamentale per combattere situazioni di difficoltà. A Salerno, ad esempio, dove Fava visse un’esperienza simile a quella che sta vivendo oggi il Pisa: “Accadde esattamente la stessa cosa. Da gennaio non prendemmo più un euro e, nonostante questo, arrivammo in finale play-off di Lega Pro perdendola contro il Verona di Mandorlini. All’inizio la piazza ci criticava, in poco tempo portammo i tifosi tutti dalla nostra parte. Lì fu decisivo il comune, perché la società fu completamente assente. Gattuso ha gli attributi a dire queste cose, è stato uno dei pochi a denunciarle. Talvolta i calciatori, pur di continuare a giocare, non dicono niente con la speranza di recuperare questi soldi. Sono problemi che sicuramente ci sono in più società, pur non venendo fuori”.
Tanti ricordi del passato e idee chiare sul presente. Fava, però, pensa anche al futuro: “Il prima possibile farò il corso d’allenatore, anche se non so se mi dedicherò a questo tipo di carriera. Mi piacerebbe dedicarmi ad una scuola calcio fatta in un certo modo, perché nella mia zona non c’è nulla di buono per far crescere ragazzi con la mia stessa passione”.
Per il momento, però, il suo posto è ancora in campo. A correre, sudare e… segnare: perché l’emozione del gol è sempre la più bella, anche se in Eccellenza!