Infliggere la prima sconfitta stagionale in campionato al Man Utd dopo un’assenza dalla Premier lunga 45 anni: un bel modo di presentarsi, vero Huddersfield? La squadra del West Yorkshire infatti non metteva piede in Premier dal 1972, toccando con tutta probabilità oggi uno dei più più alti della propria storia dopo i tre titoli consecutivi vinti – diventando la prima squadra inglese a riuscirci - tra il ’24 e il ’26 con Herbert Chapman alla guida. Con un budget di ‘appena’ 12 milioni l’Huddersfield nella scorsa stagione si è reso protagonista di un’incredibile cavalcata culminata con i playoff di Championship vinti ai rigori contro il Reading di Stam. Ora, in Premier, tra diritti e sponsor vari guadagneranno circa 170 milioni di Sterline, 290 se dovessero salvarsi. Per avvicinare ancor più i propri tifosi hanno addirittura promosso una speciale offerta per i possessori di un abbonamento stagionale da almeno 9 anni: il season ticket di questa stagione a 199 Sterline, il meno caro della Premier. I Terriers – soprannome riferito al simbolo del club (un terrier) perché “l’immagine del terrier rappresenta la nostra tenacia e determinazione. Siamo l’unico ‘dog club’ nel calcio.” – hanno coronato un sogno e attualmente si trovano alla dodicesima posizione a quota 12 dopo il 2-1 inflitto a Mourinho, con quest’ultimo invece a 21 punti e a -5 dai cugini del City. L’Huddersfield non segnava due gol allo Utd dal marzo 1952 quando vinse 3-2 a Leeds Road e la squadra di Mou aveva concesso finora solo due gol in 10 ore e 58 min di gioco in campionato. Con questa sconfitta i Red Devils hanno toccato quota 150 sconfitte nella loro storia diventando il ventesimo club a raggiungere questo record negativo, con lo Special One che al termine dei 90’ ha tuonato così: "Sono stato sorpreso dalla nostra performance, non me la aspettavo. Sono deluso, ma la realtà è che l'Huddersfield è stato più forte di noi. Ha vinto la squadra migliore, quella che ha desiderato di più la vittoria. Quando vince la migliore squadra non c'è niente da dire. Hanno messo in campo aggressività, intensità e voglia, hanno giocato il match della vita e hanno meritatamente vinto”.
David Wagner, il testimone di Klopp dal ‘Terrier spirit’
“Vivo a Huddersfield e so quanto contasse questa partita per chiunque. Sono contentissimo e orgoglioso – ha dichiarato il manager dei Terriers a fine partita -. Oggi è un grande, grande giorno per tutti noi. Per me è uno dei momenti di maggior orgoglio nella mia carriera da allenatore. Avevo detto ai ragazzi che non mi aspettavo un risultato ma ci credevo. È l’ennesimo capitolo della nostra favola!”. Una favola che non sarebbe probabilmente mai iniziata senza di lui: David Wagner, il creatore di questo Huddersfield. L’allenatore 46enne infatti è riuscito a cambiare la mentalità della sua squadra lavorando sullo spirito di gruppo ma anche e soprattutto sulle motivazioni plasmando quel ‘Terrier spirit’ visto oggi in campo contro lo Utd. Ha unito l’ambiente intorno alla squadra. Al suo arrivo ha chiesto e ottenuto che tutti i giocatori abitassero non più lontani di 15 miglia dal centro sportivo. Per rendere ancor più coeso lo spogliatoio poi, nella passata stagione, decise organizzare una preaseson ‘selvaggia’ in un bosco in Svezia affrontata senza corrente, telefoni e Internet ma solo con tende e sacco a pelo. Con una regola ben precisa: mai dormire con lo stesso compagno di squadra per due notti di seguito. Esperimento riuscito vista la successiva promozione e l’affetto dimostratogli dai giocatori stessi e in particolar modo dai tifosi. Basterebbe osservare la standing ovation di cui è stato protagonista contro lo Utd, levandosi addirittura il cappello. Un berretto blu stile Yankee fedelissimo al proprio doppio passaporto - padre statunitense e madre tedesca -, nonostante lui sia cresciuto in Germania. Classe ’72 con un passato da attaccante in Bundes e con tanto di una Coppa Uefa vinta con lo Schalke 04 nel ’97, Wagner. Dopo essersi ritirato nel 2005, decise di prendersi una pausa e iniziare a studiare Biologia e Scienze Motorie all’Università di Darmstadt prima di dedicarsi alle giovanili dell’Hoffenheim. Il suo grande amico Klopp, di cui fu compagno al Mainz e testimone di nozze, lo volle poi con sé a Dortmund sulla panchina della seconda squadra del Borussia, dove rimase fino al 2015 quando intraprese l’avventura inglese anche grazie ai consigli dell’amicone attuale manager del Liverpool. “Ero a casa in Germania. Appena ricevuta la chiamata del club dissi a mia moglie ‘mi piacerebbe accettare perché loro vogliono il 100% di quel che posso offrire’. Lei rispose: ‘Dov’è Huddersfield?’. Quando mi ha guardato negli occhi però ha visto il fuoco ed era chiaro come sarebbe finita. Anche Klopp mi ha consigliato al momento di scegliere: ‘Fallo e basta’. Conosco Jurgen da più tempo di mia moglie”. Amore a prima vista in Inghilterra. “Quando andai a casa sua per incontrarlo per spiegarmi la sua filosofia di gioco ha usato delle palline di cioccolato; le ha disposte sul tavolo per formare un 4-2-3-1, il suo modulo preferito”, parola dell’ex ds Stuart Webber. Riuscendo poi a dimostrare tutto il proprio valore in campo grazie a quel 4-2-3-1 pronto a trasformarsi in 2-4-3-1 in fase offensiva e 4-4-1-1 in fase difensiva basato sul Gegenpressing di scuola kloppiana al momento del recupero palla.
Aaron Mooy, il trascinatore australiano valorizzato da Wagner
Uno dei tanti meriti di Wagner è stato anche quello di valorizzare e rilanciare gli uomini a disposizione. Uno su tutti: Aaron Mooy, l’autore del primo gol contro lo United. Senza ovviamente dimenticare il leader difensivo Schlinder e Kachunga là davanti. Il manager tedesco ha deciso di puntare fortemente sull’ australiano classe ’90 affidandogli le chiavi del proprio centrocampo. Una scelta coraggiosa vista la sfortunata carriera del giocatore prima di vestire la maglia dell’Huddersfield, dove è diventato il secondo acquisto più costoso del club – 10 milioni di sterline -, subito dopo Mounié arrivato dal Montpellier per 13 milioni. “È il cuore del nostro gioco. Sa rallentare la manovra o, allo stesso modo, accelerare quando necessario. È arrivato come numero 10 e di solito i numeri 10 non sono dei gran lottatori. Mooy invece ha grande attitudine anche quando serve lottare”, le parole al miele di Wagner verso il proprio pupillo. Mooy, dopo aver vestito la maglia del Bolton nelle giovanili trasferendosi successivamente in Scozia al St Mirren, a causa di un grave infortunio fu costretto a tornare in Australia dove ripartì dal Western Sidney prima di farsi notare al Melbourne City, squadra satellite del Manchester City che infatti lo prelevò a zero per poi girarlo ai Terriers. “Può diventare un gran giocatore per la Premier”. Previsione rispettata alla grande per ora. Alla guida del suo Huddersfield capace di tornare in Premier dopo 45 anni e di infliggere la prima sconfitta stagionale allo Utd.