Venti secondi. Il tempo di guardarsi intorno e capire che la storia passa da qui. Il sopralluogo di Massimiliano Allegri sull’erba del Santiago Bernabeu dura pochissimo. Freddo e pioggia consigliano di stare riparati. Il contrario esatto di quello che dovrà fare domani sera. “Abbiamo preparato la partita in modo insolito”, attacca in conferenza stampa. Attaccare, la parola d’ordine della missione impossibile dei bianconeri. “Abbiamo il dovere di cancellare il risultato dell’andata. Serve una partita giusta, tosta, seria che ci dia forza anche per il finale della stagione”. Ci sono ancora campionato e coppa Italia da conquistare, ricorda Allegri e soprattutto c’è da ritrovare “una solidità difensiva che abbiamo iniziato a smarrire contro il Milan”.
Il rimpianto per quell’andata sciagurata è tutto negli occhi. “Sono ancora dispiaciuto, perché siamo astati distratti e perché siamo stati condannati oltre i nostri demeriti”. Torino e Cardiff, tappe da rimuovere in fretta e chiudere in un cassetto. Da non riaprire. Magari riaprendone altri: 13 maggio 2015. Il pareggio di Morata, la Juve che vola in finale a Berlino, Non basterà ripetersi, servirà fare qualcosa di mai visto. Perché nella sua storia europea, il Real non ha mai perso in casa con tre gol di scarto. Più che storia, sembra fantascienza. Però “non si sa mai cosa può succedere. All’andata la partita è girata dopo due minuti, magari potrebbe succedere lo stesso domani a parti invertite”. Sognare non costa niente, segnare costa più fatica. Soprattutto senza Dybala. “Giocherà Higuain, poi in tre si giocheranno due posti”. Forse saranno Cuadrado, Mandzukic e Douglas Costa. Sfacciataggine, determinazione e incoscienza a supporto di un argentino che otto anni fa giocava con la maglia del Real alla prima di Allegri al Bernabeu. Era l’ottobre del 2010, Max allenava il Milan. Finì 2-0, fu decisivo Ronaldo. L’unico con Marcelo a essere ancora presente. Guarda caso, i due carnefici dell’andata, gli uomini che hanno trasformato la scalata europea in un K2.
Quelli che in Galles distrussero il sogno di una notte di mezz’estate di tornare campioni d’Europa.
Fra essere e non esserlo, c’è sempre di mezzo la Spagna. Il Barcellona a Berlino, il Madrid dieci mesi fa.
In questo stadio l’Italia ha iniziato a perdere il mondiale a settembre, ma ne ha vinto uno contro ogni pronostico 36 anni fa. Pertini sulla balaustra, miracolo italiano. Qui è stata alzata anche l’ultima nostra Champions, pochi mesi prima dell’esordio di Allegri.
In quei venti secondi magari non ci ha pensato. Più facile che abbia ripensato a come sistemare gli svarioni di Benevento, “anche se tutte le squadre che hanno giocato in Champions hanno faticato nel weekend. Abbiamo il mondo che ci guarda, siamo a caccia di certezze”.
E di sogni. Solo una volta il Real è stato eliminato in Europa dopo aver vinto in trasferta. Era il 95 e dopo aver vinto in Danimarca, crollava in casa con l’Odense. Era coppa Uefa, era un altro Real.
Serve una Juve da fantascienza e forse potrebbe non bastare. Ma quando entri in questo stadio, la storia ti chiama.