Garanzia, qualsiasi sia il contesto. A livello umano e di competenza. Campo o ambito societario, esplorato dopo anni di attesa e certezze finalmente venute a galla: Paolo Maldini è questo. Lucchetto umano stretto ad una relazione ferrea, con quel Milan mai tradito in 40 anni di storia tra giovanili, prima squadra e desiderio di farne parte, a livello dirigenziale, finalmente coronato in una domenica d’agosto.
Impeccabilmente razionale, elegante e preciso, un po’ come quando chiudeva sugli avversari o impostava da dietro: la voglia di dare fedeltà e senso di appartenenza ad un cuore chiamato “vita”, rientrando a livello operativo nel club che gli ha dato e cui ha dato tutto, frenata per lungo tempo da un’ammissione implicita ma chiara, letta in parole capaci di lasciar trasparire dispiacere e delusione. Per uno come lui, in fondo, leader di quel movimento artistico capace di costruire negli anni un capolavoro con pochi eguali, la dimostrazione di cura e amore più grande non poteva che partire dalla ferma richiesta di una totale garanzia su basi di restaurazione solide, provando a ridare finalmente brillantezza ad un’opera via via consumatasi negli anni.
Scelta di cuore, tempo fa come oggi: ribadita recentemente, quando il “no” alla proposta di ritorno in società fece storcere il naso alla tifoseria milanista, spiegata come meglio non avrebbe potuto in un lungo messaggio. Quelle “premesse per un team vincente”, non riscontrate in precedenza, ora sembrano però essere tornate in pieno: Elliott come garante di un progetto in cui credere, Leonardo compagno di squadra ritrovato (chiave per il suo ritorno) con cui condividere ogni scelta, e quella tanto ambita area sportiva cui poter fornire competenze maturate in 31 anni di carriera.
Dinastia destinata a vivere un nuovo capitolo: frammenti di storia e successi collezionati dal debutto ad Udine del gennaio ‘85 a quel saluto così contrastante, tra gli applausi di San Siro e i fischi della curva, a segnare nel modo meno adatto alla carriera di un Campione con la C maiuscola l'addio al calcio giocato. Ma proprio in virtù di ciò che è e rappresenta, Paolo non avrebbe potuto che andare oltre: mettere ogni aspetto negativo da parte, forte del grande sentimento provato dai tifosi nei suoi confronti, e ripartire da una nuova sfida, senza rancore.
Tutto figlio dell'amore per il club di cui ha sempre difeso i colori, unica opzione lavorativa possibile oltre alla Nazionale, e della voglia di rimettere al centro del mondo Milan quella "bandiera che si vede quando il vento soffia forte": raffica di cambiamento che ha investito un universo milanista dalle fondamenta, soprattutto ora, più rossonere che mai, pronto a contare su un autentico simbolo. Garanzia, in una parola, amata e rispettata da chiunque: quella che non cancella anni di storia, partita da Cesare e proseguita da Paolo e figli. Maldinastia destinata ad arricchirsi, finalmente, di un nuovo, attesissimo capitolo.