In principio, era la Lazio. Sarebbe stato il giovane cresciuto con gli insegnamenti di Salas, Crespo, Inzaghi, Boksic. Aveva anche esordito in Champions League. Invece, Emanuele Berrettoni, ora si trova in Lega Pro, col Pordenone. Suo il gol vittoria che ha permesso di essere in vetta al girone B nella scorsa giornata di campionato, con i friulani sta vivendo un’ottima stagione. Protagonista di un’insperata cavalcata verso il sogno promozione.
“Siamo molto orgogliosi di ciò che stiamo facendo, anche perché in un girone con Parma, Venezia, Modena, Padova non eravamo noi quelli indicati a vincere il campionato e probabilmente non lo siamo nemmeno adesso” ammette Berrettoni a gianlucadimarzio.com. “E’ davvero sorprendente essere in testa, a questo punto dobbiamo crederci. Non abbiamo nulla da perdere e può essere un vantaggio” nota l’attaccante.
Tanta esperienza, che può essere preziosa per indirizzare i più giovani presenti in rosa. “Diciamo pure che sono il più vecchio (ride, ndr). Non è come ai miei tempi, i ragazzi di oggi hanno un modo diverso di affrontare le difficoltà. Ciò che cerco di trasmettere loro è soprattutto il concetto di squadra: nessuno vince da solo, quindi basta rimanere sereni e lavorare seriamente” prosegue il giocatore.
La carriera tra i professionisti di Berrettoni comincia in biancoceleste, nella squadra del dopo-scudetto. “Era probabilmente la Lazio più forte di tutti i tempi. Io ero il sesto attaccante e il quinto era Boksic, per intenderci. Venivamo trattati con grande rispetto e i più esperti erano sempre pronti a dispensare consigli” racconta. Difficile dargli torto, sul valore di quella rosa, se in squadra si hanno Mihajlovic, Simeone, Inzaghi, adesso protagonisti ma in panchina. “Di Inzaghi non avrei mai lontanamente pensato che sarebbe diventato un allenatore a questi livelli, invece è bravissimo e ne va dato atto. Sinisa e Diego, invece, ci avrei scommesso. Erano allenatori già in campo, guidavano i rispettivi reparti e quando parlavano erano autoritari e carismatici” svela Berrettoni.
Dopo la Lazio, c’è stato il Perugia. Anche in quel caso, in una delle versioni migliori di sempre. In panchina, Serse Cosmi: “Era bellissimo essere allenati da lui. Spesso si mette in risalto il suo carattere esuberante, ma in pochi notano quanto sia un intenditore di calcio. Mi dispiace per l’esonero a Trapani”. Con gli umbri, la sua prima vera occasione ad alti livelli. Di cui conserva un ricordo meraviglioso. “Eravamo una grande famiglia, con tanti giovani e stranieri che alla fine diventavano più italiani degli italiani!” dice l’attaccante neroverde. Sul ricordo più bello, non ha dubbi: “Stavamo vincendo 0-2 all’Olimpico con la Roma, il presidente Gaucci scese negli spogliatoi e gli stava per venire un infarto tanta era la gioia. Alla fine pareggiammo 2-2, ma fu una grande stagione, quella; vincemmo anche col Milan, un gran gol di Miccoli”.
Seppur di passaggio, Napoli gli è rimasta nel cuore. “Era il primo anno di Serie C, soffrimmo un assemblaggio del gruppo così veloce. Ma ho un ricordo dello stadio e della città incredibile. Sfido chiunque abbia giocato qui ad avere impressioni diverse” racconta Berrettoni.
Trentacinque anni è l’età giusta per cominciare a fare un bilancio della propria carriera. “Sono felice di essere al 17° anno di professionismo, ma ho dei rimpianti. Un po’ colpa mia, un po’ la sfortuna: avrei potuto fare di più. Nel calcio bisogna avere la fortuna di trovare gli allenatori giusti e di essere circondato dalle persone adatte” spiega il calciatore. Che se dovesse tornare indietro, saprebbe da dove ricominciare: “Se solo avessi conosciuto la mia compagna 10-12 anni fa, la mia sarebbe stata tutta un’altra carriera. Avrei avuto la maturità giusta. Invece, perdere qualche anno può essere fatale”. Eppure, l’opportunità di renderla ancora più speciale, Emanuele Berrettoni ce l’ha dove probabilmente non si sarebbe mai aspettato. Col Pordenone, in Lega Pro, ad inseguire un sogno.