“Immaginate San Siro e, piano piano, cominciate a togliergli la tribuna, poi la curva, poi il terzo anello, il secondo, il primo… rimane solo il campo, intorno non c’è niente. Ecco, quella è la Serie D”. Abderazzak Jadid lo sta vivendo sulla propria pelle, lui che ha giocato “A Milano, al San Paolo, all’Olimpico. Stadi che hanno fatto la storia” E che adesso, quando c’è da giocare: “Lo faccio spesso in campi dove non ci sono i tifosi, ma le giostre”. La sua nuova avventura si chiama Rezzato, capolista nel girone B della Serie D: “Il Presidente mi avrà chiamato una decina di volte – ci racconta in esclusiva - è stata una scelta difficile, anche perché ho avuto due richieste. Una dal Monopoli, che ringrazio. Un’altra da Grassadonia, ma poi il direttore della Pro Vercelli ha puntato su altro”. L’importante, però, per Jadid era: “Rimanere vicino a casa, a Brescia”. Laddove ha un bambino che sta crescendo a pane e Benzema. Lì, nella città che lo ha accolto dal Marocco, la sua terra: “Dove tutto è iniziato con i due contro due o i tre contro tre sotto casa, dove le porte erano due pietre posate per terra”. Zidane e Baggio gli idoli di sempre: “Il primo l’ho visto da vicino facendo il raccattapalle. Con il secondo beh, sapete come è andata”. Già, perché Jadid a sedici anni si ritrova nel Brescia più forte di sempre. Guardiola, Toni e non solo. Quel codino fino ad allora ammirato nelle videocassette, se lo ritrova accanto, a cambiarsi con lui nello spogliatoio: “E quante barzellette raccontava, rideva sempre. Guardiola era già allenatore in campo. Possesso palla, uscite, pressing… ci diceva già le stesse cose che lo stanno portando a fare la storia del calcio”. A guidare tutto Carlo Mazzone, uno al quale: “Queste interviste non piacevano proprio – ricorda Jadid con il sorriso – mi avrebbe detto ‘A Jadid, ma chi te credi d’esse? Pelè?”. Sì, perché i paragoni con Pirlo fioccavano e lui: “Non voleva che mi montassi la testa”. Poi ecco l’esordio in Serie A. 15 settembre del 2002, si gioca Brescia-Piacenza: “E’ stato inaspettato. Mazzone mi convoca nel suo ufficio dopo la rifinitura. “Mo regazzì te faccio gioca’, te la senti? La stessa domanda l’aveva fatta a Totti, mi raccontò. Non potevo piangere, sennò non mi avrebbe fatto giocare. Ma che emozione”. Quello che doveva essere l’anno della conferma, però, si trasforma in un incubo per Jadid: “Corioni credeva molto in me ed io mi sentivo davvero bene. Accusai un problema al ginocchio, sembrava cosa da poco. Ma dopo l’operazione mi trovarono una ciste attorcigliata per 12 centimetri. Più raschiavano intorno al nervo e più perdevo sensibilità alla gamba”.
Non scende più in campo. Giusto il tempo di conoscere Hamsik nell’anno della B a Brescia: “Ragazzo fantastico. Questa estate ci siamo rivisti nell’amichevole fra Napoli ed Entella. Mi ha chiesto il motivo per cui cambio squadra ogni anno. Lui è una bandiera, non sa cosa voglia dire (Ride n.d.r)”. E Jadid il riscatto lo trova a Pescara con un altro signore che sta facendo grande Napoli. Di nome fa Maurizio, di cognome Sarri: “Era maniacale, ossessionato dal possesso palla. E poi odiava le scarpe colorate degli sponsor. ‘Se le indossi, con me non giochi’ Mi diceva. Eravamo tutti a pitturarle di nero. A livello comunicativo sa tirare fuori qualcosa di inaspettato”. Nel gennaio del 2008 un altro grande allenatore sulla sua strada. Antonio Conte a Bari ci era arrivato un mese prima: “Ha una personalità fuori dal mondiale – racconta Jadid – per lui l’intensità degli allenamenti era tutto. Non era un calciatore da poco in pensione che provava a diventare allenatore. Lo era già a tutti gli effetti. Con lui tanti video e… diete! A chi viveva da solo dava un menù specifico da consegnare al ristorante di fiducia”. Nel 2011 è di nuovo Serie A. La maglia non è più quella del Brescia, ma del Parma di Crespo, Giovinco e Pellè: “Che mi ospitò a casa sua per un mese in attesa di trovarne una mia. Ci scriviamo qualche messaggio tutt'oggi. Diciamo che adesso non se la sta passando male (Ride n.d.r)”. Con Colomba va tutto bene: “Poi arriva il mercato e il direttore rimanda il mio rinnovo. Voleva cambiare allenatore e usò come pretesto l’arrivo di Donadoni. Voleva liberarsi di me". Da lì l’età che avanza. Jadid non è più un ragazzo, è un uomo a tutti gli effetti. Con una grande convinzione: “Ho scoperto che nel calcio non c’è meritocrazia”. Un esempio? Giampaolo, suo allenatore ai tempi della Cremonese: “Un fenomeno, che avrebbe meritato una grande squadra. Era lì perché non scendeva a compromessi. Mi ripeteva sempre ‘Jadid, ci sono calciatori affidabili e poco affidabili. Allenatori affidabili e poco affidabili. Ma anche Presidenti affidabili e poco affidabili”. Insomma, spesso è una questione di fortuna. Quella che, purtroppo, non ha sempre assistito Jadid, anzi. Dal Brescia delle stelle a Sarri, passando per Conte e Giampaolo. Fenomeni in panchina, veri e propri maestri: “Li studio per il futuro. Mi piacerebbe aver imparato qualcosa da loro”.