Questione di tempo. E curiosità.
Tutto ciò che era legato a Napoli-Milan, in un modo o nell’altro, si vincolava fortemente all’impazienza generale nel gustarsi ogni singolo tema che il big match della 2º giornata potesse regalare: e i 90’ del San Paolo, visto l’andamento della gara e il risultato finale, non hanno potuto che confermare una sensazione rivelatasi quantomai esatta.
Lista lunga, nomi eccellenti: con la clessidra in mano, rovesciata ad inizio partita, i primi sguardi si spostano solo su Higuaín, ripetutamente beccato (non una novità) sin dall’ingresso per il riscaldamento iniziale.
Pizzicato in ogni modo, anche per la “gioia” di venditori ambulanti pronti a vendere ad un euro fischietti azzurri per accompagnarne ogni possesso di palla, Gonzalo non è stavolta riuscito a far male come più volte accaduto alla squadra di cui è stato Re come pochi: mai troppo servito dai compagni, bravo a disimpegnarsi ed arrangiarsi più volte da solo, ma incapace di trovare quel primo centro rossonero tanto voluto.
Poco male, apparentemente, fino ai primi 50’ di partita: Milan ben messo dietro e bravo a colpire nelle sue uniche avanzate con Bonaventura (ancora in gol al San Paolo) e Calabria, usando la stessa moneta dell’apertura sull’esterno con sponda e conclusione dell’uomo in inserimento. Sensazione di una Bona la prima, insomma, svanita tuttavia con il passare del tempo.
Tutto cambia, nell'arco di mezz'ora. Il silenzio del pubblico napoletano, in segno di contestazione contro De Laurentiis nei primi 45’, crolla nella ripresa: clessidra girata, altra musica per il Napoli e il feeling di Zielinski contro il Milan, al 4º gol contro i rossoneri su 16 segnati in A, determinante per dare la scossa giusta alla squadra di Ancelotti.
Che come a Roma reagisce, anche grazie ad una girandola di sostituzioni più ampia, cambia modulo e ribalta tutto: differenze che portano Mertens, inamovibile “falso nueve Sarriano” in uscita dalla panchina, a segnare il gol decisivo per fare due su due e regalare al Napoli la momentanea vetta della classifica.
Ancelotti, poi: e chi se ne scorda? La Sua partita, oltre a quella di Reina (in panchina e applauditissimo dagli spettatori) e del già citato Higuaín, vissuta in un mare di emozioni confessate a fine gara, da spettatore privilegiato di un intreccio di vecchi e nuovi affetti: l’abbraccio iniziale con Gattuso prima, ritrovato per un'inedita sfida in panchina, il coro finale dei suoi ex tifosi poi.
Quelli che la clessidra non avrebbero voluto vederla ribaltata per nulla al mondo, avanti di due reti anche a sorpresa nel debutto stagionale, costretti a fare i conti con una maturità complessiva di squadra ancora tutta da costruire: 17 anni fa, come oggi, ad avere la meglio è stato ancora Re Carlo.
Prima la Juventus, ora il Napoli: in mezzo, uno dei più importanti cicli vincenti della storia rossonera.
Ciò che il nuovo Milan, con pazienza, meno ingenuità, lezioni apprese e miglioramenti apportati alla rosa, cercherà quantomeno di avvicinare: attesa per cui sarà sempre e solo, come oggi e con una clessidra in mano, questione di tempo.