Un gol importantissimo segnato contro la Juventus che al suo Napoli non è però bastato per vincere lo scudetto; una stagione che nelle prossime settimane inizierà senza Maurizio Sarri in panchina ma con Carlo Ancelotti. Cambiamenti importanti per gli azzurri e anche per Kalidou Koulibaly, che nelle scorse ore ha parlato proprio della sua esperienza nell’ultima annata vissuta e in generale della sua esperienza a Napoli e non soltanto. Queste le sue dichiarazioni a So Foot.
“Lo scudetto l’abbiamo perso contro squadre che avremmo dovuto battere come Sassuolo, Milan, Chievo - confessa il difensore, che poi aggiunge - ma giocare sempre dopo la Juve non era facile, perché influisce sulla pressione per il risultato. Capisco che fossero in Champions, ma a un certo punto ne sono usciti ed è stata dura psicologicamente. E difficile è stato assistere alla sconfitta dell’Inter con la Juve, che avevamo battuto la settimana prima con un mio gol”.
“Cosa ricordo del match di Torino? Dopo il gol, nulla. Per me è importante restituire l’affetto della gente. Quale sarà il mio futuro? Ho ancora tre anni di contratto, vedremo. Peccato Reina sia andato via. Del mio arrivo ricordo che De Laurentiis chiese uno sconto al Genk, perché ero dieci centimetri più basso di quanto aveva letto su Internet”, racconta il giocatore che sarà un punto fisso anche della difesa di Carlo Ancelotti.
Koulibaly passa poi ad affrontare il tema razzismo, con i cori dalle tribune che spesso lo hanno visto come bersaglio: “Difficile far finta di niente - aggiunge il difensore - ma quel giorno a Roma un bambino laziale si scusò per quanto successo. Gli regalai la maglia. La volta dopo i tifosi del Napoli vennero allo stadio con delle maschere con il mio volto ritratto. La prova che mi sono vicini. Il problema è di tutto il Paese e anche i napoletani lo subiscono, perché gente del sud”.
Infine, una parentesi sui due allenatori avuti finora a Napoli: “Quando Benitez mi chiamò gli riattaccai in faccia due volte - spiega - pensavo fosse uno scherzo. Quando ci trovammo a lavorare insieme mi diede una lezione con bicchieri e forchette al posto di difensori e attaccanti. E mi chiedeva come mi sarei mosso. In quindici minuti ho imparato un sacco di cose”.
Poi il metodo Sarri: “All’inizio non mi calcolava - ha concluso Koulibaly - così gli chiesi di essere ceduto ma il club si oppose. Poi iniziò a farmi giocare. E pur di non uscire dai titolari giocavo anche se ero sfinito. Sarri mi ha trasmesso un’altra visione del calcio. Certi allenamenti senza opposizione sono da pazzi”.