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Data: 12/02/2018 -

Parla Pjanic: "Avrei potuto giocare nel Tottenham. Dura lasciare la Bosnia, la guerra aveva distrutto tutto: devo il mio successo a papà e alla mia determinazione"

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Un Miralem Pjanic a tutto tondo. Il centrocampista della Juventus ha parlato al Telegraph alla vigilia della partita di andata degli ottavi di Champions League contro il Tottenham. Un Pjanic a cuore aperto che parla di tutto: dagli inizi difficili a causa della guerra in Bosnia, all'infanzia passata a seguire al lavoro il papà perché non c'erano soldi per pagare qualcuno che lo curasse fino allo strano incrocio di calciomercato che avrebbe potuto vederlo con la maglia degli Spurs, domani sera, all'Allianz Stadium:

"Tottenham? È vero in passato ho avuto la possibilità di passare agli Spurs dopo l'addio di Modric, ma ero a Roma e mi trovavo bene dov'ero in quel momento e per questo ho deciso di non cambiare. Ho fatto quella scelta usando la mia testa e se ho deciso di non andare in una squadra inglese era per buoni motivi".

Mi chiamano 'Il Pianista'? Mi piace questo soprannome. Penso che mi chiamino così per il modo in cui gioco. È vero che non segno molti gol, solo pochi, ma quelli che faccio sono belli! Penso che si tratti più del mio stile di gioco, di come tocco la palla, di come passo la palla, di come la sposto. È un bel soprannome 'Pianista', ma voglio influenzare le cose attraverso quello che faccio e non attraverso le parole".

La guerra in Bosnia una disavventura che lo ha segnato profondamente: "Nel 1991 era chiaro che la guerra stesse arrivando ed è per questo che mio padre decise di trasferirsi in Lussemburgo dove io firmai il mio primo contratto da semi-professionista, che considero la mia seconda casa, purtroppo la guerra ha portato molto dolore sia in Bosnia che in Jugoslavia. La prima volta che sono tornato nel 1996 ho visto i soldati americani: erano lì per il mantenimento della pace, ma il Paese era devastato dalla guerra. Loro facevano del loro meglio. Ho girato il mondo è vero, ma in casa abbiamo sempre parlato il bosniaco e abbiamo mantenuto anche le usanze del mio paese. Quando sono diventato un calciatore professionista potevo scegliere se difendere i colori del Lussemburgo, della Francia o della Bosnia. Ho scelto quest'ultima perché volevo dare un segnale ai bambini bosniaci: un sogno può diventare realtà. Questo era il tipo di esempio che volevo dare. Voglio aiutare i bambini che vivono ancora lì.

Il mio sogno fin da bambino era diventare un calciatore. Ho iniziato ad amare il calcio così tanto che ho seguito mio padre ovunque andasse a lavorare e passavo tutto il mio tempo a giocare a calcio con gli amici nei campi. Sono stato fortunato perché i miei genitori mi hanno insegnato i valori e i principi importanti nella vita: il rispetto su tutto. Ovviamente arrivare a questi livelli non è stato semplice, ma credo che non sia stata solo fortuna, ma determinazione".

Poi un ricordo dei primi allenamenti: "È stato difficile perché non c'erano i soldi per pagare qualcuno che si occupasse di me. Mio padre andava a lavorare dalle 7 del mattino e tornava alle 16 e mia madre lavorava dalle 17:00 fino alle 22:00. Mio padre andava ad allenarsi dopo il lavoro perché amava il calcio e mi portava con lui così ho iniziato a formarmi come calciatore. Nello spogliatoio mi conoscevano tutti, ero un ragazzino e giocavo coi più grandi. Mio padre ha notato che nonostante la differenza di età ero più bravo di altri e mi ha iscritto in un club lussemburghese. Da lì mi sono fatto notare e ho firmato a 13 anni col Metz. Il mio debutto è stato spettacolare. Davanti alla mia famiglia e ai miei amici contro il Paris Saint Germain. Da brividi, avevo 17 anni".

E ora? Il presente è la Juventus. Un club dove è cresciuto anche grazie ad Allegri che quando è arrivato lo aveva incoronato: "Mi disse che potevo diventare uno dei più grandi registi del mondo, ma devo migliorare ancora tanto per esserlo".

Chiude parlando del presente e della Champions League. La Juventus negli ultimi tre anni ha perso due finali, ma è determinato a vincere la Coppa al più presto possibile, ma prima c'è il Tottenham: "Una grande squadra".







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