Consapevolezze - La lettera di Molina: “Tornare a vivere”
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Data: 13/12/2024 -

Consapevolezze - La lettera di Molina: “Tornare a vivere”

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Juan Molina è il protagonista di "Consapevolezze", uno spazio dove i giocatori possono raccontare e raccontarsi
Juan Molina è il protagonista di "Consapevolezze", uno spazio dove i giocatori possono raccontare e raccontarsi

Juan Molina è il protagonista di “Consapevolezze”, uno spazio dove i giocatori possono raccontare e raccontarsi. Interviste che diventano lettere autobiografiche in cui parlare di sé, della propria vita e dei passi che più l’hanno segnata. Un luogo dove mettersi a nudo ed essere semplicemente sé stessi. Dal malore avuto in campo agli attacchi di panico, passando per gli anni in terapia e l’arrivo nei professionisti: la lettera di Juan Molina

 

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(Credits Filippo Baioni)

 

“Sto morendo? Ho tanta paura. Voglio salutare la mia famiglia in Argentina per l’ultima volta”.

Ricordo bene di quella sera. Vis Pesaro-Ascoli, un freddo glaciale. Entro in campo, faccio uno scatto per raggiungere l’area. L’azione successiva c’è un calcio d’angolo. Facciamo il trenino, mi spingono da dietro e mi scontro con l’avversario davanti. Una botta forte sul petto. TUM… TUM… TUM. Sento il cuore che mi batte in modo strano. Andava lento, ma con un’intensità esagerata. Cado per terra, rialzo lo sguard: è tutto sfocato. “Ragazzi, sto malissimo, non capisco cos’ho”.

 

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Per la mente le immagini di tutti i calciatori che hanno avuto problemi di cuore. “Ho qualcosa di grave”. Tutti i compagni vicini, l’ambulanza che arriva, il silenzio dello stadio, le parole che non mi escono… è stato terribile. “Voglio solo tornare a casa”. Ma quella vera, l’Argentina con i miei cari. Ho temuto di morire. E poi quel pensiero… l’angoscia di non poter salutare la mia ragazza, i miei genitori, mia sorella… L’idea di non poterli rivedere per un’ultima volta mi distrugge.

 

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Il malore non è stato un caso, è successo per un motivo. Venivo da un periodo di forte stress e pressioni. Non stavo bene con me stesso. So cosa significa stare male, vivere nella sofferenza. Era il 2016. L’addio all’Argentina e l’arrivo in Europa. Non avevo nulla, volevo solo costruirmi una nuova vita. L’inizio del buio. Ero senza documenti, non potevo giocare, non trovavo lavoro, la rottura del crociato. Poi è scoppiato anche il Covid. Vivevo con l’angoscia. Sono iniziati gli attacchi di panico. Non riuscivo a capire perché non riuscissi a stare bene come tutte le altre persone. Perché proprio io?”.
Ho deciso di andare dallo psicologo.


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