“Mi emoziono ogni volta che vedo sui giornali una parola che inizia per J” disse Gianni Agnelli, ex presidente della Juventus. E chissà cosa penserebbe ora della scelta bianconera di cambiare logo, in favore proprio della sua “J”: nel mondo del marketing si parla di un concetto di rebranding, per indicare la strategia attraverso la quale un prodotto o un servizio cambia la propria veste identitaria, immettendosi nuovamente sul mercato in maniera innovativa.
Le squadre di calcio, dopotutto, sono ormai diventate veri e propri brand, per i quali è necessario avere un'impronta distintiva riconoscibile fuori dai confini nazionali. Così anche la Juventus ha deciso di rinnovarsi: ieri sera, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci a Milano e durante l’evento “Black and White and More”, ecco svelato il nuovo logo e la nuova identità visiva, che verrà applicata a tutti gli effetti finiti e digitali del marchio a partire da luglio 2017. L'obiettivo della Juventus resta infatti quello di crescere in termini di presenza e influenza, espandendo il lato commerciale del club attraverso una serie di iniziative radicalmente innovative.
Come i bianconeri, anche altre squadre hanno già modificato il loro simbolo per ragioni di marketing, eccezion fatta per i grandi club europei: Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco, che forti di una grande tradizione e pubblicità non hanno voluto modificare il proprio logo. Il rebranding però può essere totale, come nel caso della Juventus, o parziale: in Italia innovatrice fu l’Inter, con cambiamenti minimi, in linea con la tradizione milanese. Roma e Bari, invece, hanno realizzato un restyling del logo soltanto dopo il cambio di proprietà. Più decisi invece i cambi effettuati da Everton e Manchester City: i Toffees furono addirittura costretti a ritornare sui propri passi, a seguito delle forti proteste dei tifosi sul nuovo logo. Per i citizens, invece, il cambio di stemma è avvenuto solamente dopo un sondaggio effettuato tra i tifosi, relativo a quali fossero gli elementi da inserire più rappresentativi del club.
Al contrario, invece, ci sono squadre che vanno fiere del proprio simbolo, nonostante questo sia considerato il più brutto tra le squadre di calcio. Per gli inglesi del Daily Mail il più brutto è quello dell’Amburgo, stemma minimal, forse troppo. In Italia in cima a questa classifica c’è invece il Napoli: troppo semplice e povera di dettagli la “N” bianca su sfondo celeste, ma guai a dirlo dalle parti del San Paolo, e a chi ha visto quel logo riempire petto e cuore di Maradona. Seguire le leggi del mercato o la tradizione dei tifosi? La Juventus ha optato per la prima strada: “Una nuova identità visiva, che vuole superare gli schemi tipici della tradizione calcistica”. Probabilmente varrà la stessa legge degli altri loghi: l’occhio dovrà solo abituarsi. Tra qualche anno sarà come se quel marchio fosse sempre stato lì, e la Juventus sarà riconosciuto per la “J”. Proprio come disse l’Avvocato Agnelli.
di Riccardo Setth