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Data: 08/10/2017 -

Italia, Buffon: "Ventura? Lo sport preferito nell’ultimo periodo è quello di attaccarlo: non lo trovo corretto..."

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"Ventura? Lo sport preferito nell’ultimo periodo è quello di attaccarlo e non lo trovo corretto...". Italia in crisi, ma qualificata agli spareggi. E' arrivato il momento di reagire e Gigi Buffon si assume l'incarico, da capitano, di dare la scossa. Si parte dal deludente pareggio contro la Macedonia, che in fin dei conti ha inciso più sul morale e l'autostima che sugli obiettivi.

"Se avessimo vinto sarebbe stato meglio, ma sarebbe cambiato poco nella lettura della partita" - si legge nelle pagine del Corriere dello Sport - "Se si ha l’ambizione di migliorare e di essere protagonisti, noi all’interno dobbiamo analizzare una prestazione a prescindere dal risultato. E quella di ieri non è stata l’espressione migliore della nostra squadra. E’ stata una gara strana perché nel primo tempo non abbiamo fatto male e anzi abbiamo creato 3-4 occasioni e concesso loro solo un tiro. Nella ripresa ci siamo impauriti e non capisco perché visto che loro giocavano sempre allo stesso modo. Se ci hanno creato dei problemi, la colpa è nostra. E’ stata tutta una questione psicologica e in situazioni come questa dovrebbero essere i “vecchi” a guidare gli altri".

Barella, Cristante, Verdi, i ricambi sono pronti: "L’incoscienza aiuterebbe tanto, ma il mio punto di vista non cambia e lo ripeto: sta a noi più anziani dare una mano a chi non ha questa esperienza con un consiglio in campo o rischiando di fare una giocata in più anche a costo di prendersi dei rischi. Chi ha meno personalità e sfrontatezza va sostenuto. Nella vita c’è un tempo per tutto e il ct ha intrapreso questa strada, quella del rinnovamento, che è l’unica possibile. Per un anno ci sono stati buoni risultati e si è vista una formazione che si stava evolvendo sulle ali dell’entusiasmo, ma è chiaro che i percorsi sono sempre graduali e quando un ragazzo sta vivendo un momento di difficoltà nel proprio club, ci sta che arrivi in Nazionale senza più quelle certezze grazie alle quali si era conquistato un posto al sole. La maglia azzurra pesa e giocare una partita da 90’ con l’Italia non è mai facile".

Buffon difende il suo c.t.: "Su Ventura non devo dire niente. Lo sport preferito nell’ultimo periodo è quello di attaccarlo e non lo trovo corretto perché, se per un anno sono stati apprezzati il suo lavoro e i cambiamenti che ha portato, non possono essere uno o due incontri a compromettere questo giudizio positivo. Non aver fatto una prestazione migliore contro la Macedonia e non aver conquistato i tre punti che volevano non può e non deve portare a sindacare sulla bontà dell’allenatore. Critiche? Se iniziamo a piangerci addosso e a credere che qualcuno remi contro, che il clima intorno a noi non sia positivo, faremo la fine dei perdenti e non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, non comportarci da vittime sacri cali. Ognuno deve fare quello che sa e vedrete che le cose miglioreranno".

Le difficoltà di Croazia e Argentina non possono essere un conforto: "Se vedi le difficoltà della Croazia e dell’Argentina ti viene un po’ d’animo o almeno questo è il modo di ragionare di noi italiani, ma non dobbiamo pensare così. E’ necessario concentrarci solo su di noi e su come crescere. Io devo portare l’Italia ai Mondiali e farò di tutto per riuscirci. Fallire la qualificazione sarebbe una catastrofe non per me, ma per l’Italia, per la nostra storia calcistica, per quello in cui crediamo e per l’importanza che ha il calcio. L’Italia deve andare al Mondiale. Dopo prestazioni come quella contro la Macedonia il clima intorno alla Nazionale non può essere buono, ma perché tutto cambi dobbiamo essere noi che abbiamo un senso di appartenenza maggiore a sgravare i più giovani. Sta a noi metterci sulle spalle fardelli in più rispetto agli altri. Dobbiamo ritrovare equilibrio per la trasferta in Albania e poi in vista del prossimo mese perché ci giochiamo davvero tanto".

Buffon esordì in azzurro proprio in uno spareggio: "Mi sono rimasti i numeri, i flash e le parate di quel match. Si tratta di un ricordo lontano perché adesso ho più del doppio degli anni di allora e penso di essere una persona più riflessiva e matura. Migliore, direi. Nel 1997 ero un personaggio atipico, ma se uno entrava in empatia con me, capiva che ero anche un ragazzo a cui non potevi che voler bene, uno esuberante che faceva dei casini perché magari non calcolava quello che poteva succedere. Adesso penso un po’ di più e sono meno esuberante. Quel 20% di follia che mi appartiene ce l’ho ancora e mi ha permesso di avere questo tipo di carriera, di continuare fino a quasi quarant’anni".

Dal giorno dell'esordio in Parma-Milan del 19 novembre 1995 sono cambiate tante cose: "Questo di oggi è un calcio più evoluto. Il livello di competizione è più alto e quindi è tutto più difficile: il ritmo, la fisicità e la forza sono maggiori e anche il più “scemo” tira a 110 chilometri all’ora. Tutto questo fa sì che tu venga sollecitato spesso in condizioni di grande difficoltà e trovare una risposta immediata è obbligatorio se non vuoi rischiare figuracce. Vent’anni fa il calcio lasciava ancora un po’ di spazio all’estro del campione che faceva innamorare la gente: c’erano più possibilità e più tempo per fare le cose, mentre oggi certe libertà ai fuoriclasse non sono più concesse". Festa d'addio in stile Totti? A Buffon non piace neanche festeggiare il compleanno..."Assolutamente no. Ho sempre odiato anche le feste di compleanno e non mi è mai piaciuto essere al centro dell’attenzione. Se finisco in maniera naturale, allora faccio il protagonista, ma le cose preconfezionate uccidono la mia fantasia. Una giornata come quella mi bloccherebbe e mi metterebbe a disagio".



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