Gli oneri e gli onori di una bandiera. Di un capitano. E non solo nel momento in cui tutto procede nel modo migliore: troppo facile così. La bandiera si riconosce soprattutto nei momenti di difficoltà. Lo sanno bene i tifosi del Vicenza: il loro capitano Stefano Giacomelli non avrebbe mai potuto voltar loro le spalle. Mai. Gliel’ha dimostrato coi fatti lui che da bambino giocava sognando Del Piero e che ora, proprio come il suo idolo di sempre, è diventato un punto di riferimento per la propria tifoseria. “L’amore per il calcio per me è iniziato da piccolissimo, fin da quando a casa col pallone combinavo un sacco di guai insieme a mio fratello piccolo. Sono sempre stato un tifoso sfegatato della Juventus con Del Piero come idolo. Provo un amore amore incondizionato per i colori bianconeri, oltre ovviamente a quelli biancorossi. Pensate che l’altra sera, durante Tottenham – Juve, al gol di Dybala dall’esultanza volevo quasi buttar giù la tele”, ammette Giacomelli col sorriso in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.
Anche se quando nel 2009 arrivò la chiamata dell’Inter “fu impossibile dire di no. Colsi al volo quell’ opportunità nonostante fu difficile inizialmente perché era la prima volta che lasciavo casa. Non è stato semplice ma fu una lezione di vita. Ebbi poi l’opportunità di allenarmi in prima squadra con campioni importanti come Ibra e Zanetti. C’era Mourinho ed era tutto fantastico. Giocare amichevoli con loro fu una delle esperienze più belle della mia vita”.
Ora per Giacomelli però è tempo di tornare al presente. Un presente sempre più a tinte biancorosse perché, nonostante il fallimento della società e i diversi interessamenti sul mercato, il numero 10 non avrebbe mai potuto abbandonare la sua gente: “Ad inizio anno su di me c’era l’Avellino: non era cosa fatta ma una trattativa in fase molto avanzata… Anche in quel frangente la mia scelta è sempre stata quella di voler restare. Però quando si trovano soluzioni ottimali sia per il giocatore sia per la società si possono prendere delle decisioni. Alla fine sono contento di come è andata a finire”. Invece a gennaio “mi ha cercato il Cluj molto insistentemente ma anche in quel caso è stata una mia scelta rimanere qua perché mi sento parte del progetto e non avrei mai potuto abbandonare la nave in questa situazione. Spero di poter continuare qui perché mi piace tutto del Vicenza e vorrei riportarlo in B”.
“Sono il simbolo perché sono a Vicenza da 6 anni e perché mi sta a cuore il Vicenza, in particolare dopo la retrocessione e il fallimento. Ringrazio i tifosi che non ci hanno mai abbandonato e coi quali abbiamo sempre ragionato come fossimo un tutt’uno. Si è visto come per noi rappresentino il 12esimo uomo in campo”.
Quei tifosi ai quali promette di riportare il Lane in B. E se non quest’anno – vista la tredicesima posizione in classifica a quota 30 -, sarà per il prossimo: “Eravamo partiti con obiettivi diversi, per provare a vincere. La nostra squadra è formata da giocatori forti ma varie vicissitudini ci hanno portato a soffrire e a compattarci. Abbiamo creato un grande gruppo. Ora finalmente cominciamo a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel, ma dobbiamo prima pensare a salvarci e poi, chissà, magari arrivare anche ai playoff e giocarcela. Bisogna essere realisti ma possiamo comunque giocarci le nostre chance”.
Respirando quest’aria di serenità ritrovata, tutto è possibile per una squadra come il Vicenza ma soprattutto per “un gruppo speciale come pochi. Siamo ottimi compagni e ottimi amici dentro e fuori dal campo, dove trascorriamo insieme belle serate andandoci a divertire ma sempre nel rispetto di regole e orari”. Compattare il gruppo: oneri e onori da capitano, dicevamo. Da bandiera. Un ruolo ricoperto magistralmente da Stefano Giacomelli nei momenti di crisi incontrati in particolare ad inizio stagione. Figuriamoci ora che inizia ad intravedersi la luce in fondo al tunnel: un gioco da ragazzi.
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