Schivo, dalla voce si capisce che è un tipo riservato. Non una parola fuori posto, ma un modo per pensare positivo - quello sì - lo trova quasi sempre. Damjan Djokovic è così, e potrebbe raccontare il suo percorso in sette lingue tante ne ha passate. Forse lo ricordate a Cesena, in quel Cesena, malamente retrocesso nonostante una rosa di tutto rispetto. Candreva, Eder, Mutu, Parolo... "Credo che anche oggi io non sia l'unico a chiedersi come abbiamo fatto a scendere, sulla carta eravamo una squadra da metà classifica". In quella parentesi di Serie A, nel 2011, Djokovic era un nuovo, appena ventenne. Oggi, a distanza di cinque anni, ha deciso di ripartire dalla Zweite Liga tedesca, al Greuther Fürth, dopo le tante esperienze in giro per l'Europa.
Ha cominciato da poco la sua stagione, perchè ha voluto ponderare bene la sua scelta. Nella scorsa, in Ligue1 francese, ha ben figurato con il GFC Ajaccio, poi retrocesso. "È un club a conduzione familiare, una società piccola che a livello organizzativo forse non è neppure adeguata alla Serie B francese. Ma è stata una buona esperienza, la Ligue1 mi ha insegnato tanto e ho giocato sempre. Appena retrocessi però ho deciso che non faceva più per me", racconta Djokovic in esclusiva a www.GianlucaDiMarzio.com. A 25 anni è stata l'ultima tappa, prima che l'estate portasse consiglio e lo consegnasse alla Germania: "Per fortuna il tedesco lo avevo imparato in Olanda...".
Giramondo, e forse neanche basta. Un po' per scelta ("Cerco sempre qualcosa di nuovo, qualche esperienza che possa arricchirmi"), un po' per necessità, come quando dalla Croazia è dovuto scappare a causa della guerra: "Ero davvero molto piccolo e come tanti altri siamo fuggiti verso l'Europa centrale, fino a stabilirci in Olanda. Mia mamma è croata, mio papà serbo: restare a casa non sarebbe stato il massimo". Ironia della sorte, proprio un olandese gli ha permesso di dare una svolta alla sua carriera da calciatore: "Clarence Seedorf è stato fondamentale, grazie a lui sono arrivato in Italia. Avevamo il preparatore atletico in comune, allora lui era presidente del Monza. Quando mi dissero che proprio il Monza cercava un centrocampista (Damjan arrivava da un'esperienza di due mesi in Slovacchia) non ci ho pensato un attimo e ho accettato la destinazione: ho firmato da un giorno all'altro".
Un bel progetto, quel Monza, poi fallito per le classiche circostanze: "Seedorf era sempre presente, ci veniva a vedere e teneva alla squadra. Poi sono nati i primi problemi, noi giocatori non capivamo. Ed è finita male, dopo appena qualche mese". Un primo step comunque importante per Djokovic, prima di lanciarsi subito nell'avventura di Cesena, indubbiamente un bel salto. "Era una società che puntava in alto - racconta - con dei giocatori che poi si sono affermati tra i migliori d'Italia. Rimpianti? Spesso mi chiedo cosa sarebbe successo se fossimo rimasti in Serie A ed è inevitabile che di rimpianti ce ne siano quando in una squadra hai Eder, Candreva, Iaquinti, Parolo e Mutu. Non ero comunque io a guidare la barca, ero giovane e dovevo crescere. A livello personale posso quindi dirmi soddisfatto anche dei due anni lì".
Poi Bologna, dove non ha praticamente mai giocato, e il prestiti al Cluj, in Romania, e a Livorno. Anche se il periodo di maggior maturazione resta quello in bianconero: "A Cesena ho conosciuto Giampaolo, che secondo me era ed è soprattutto oggi uno degli allenatori più preparati d'Italia. A livello tattico e per come fa crescere tecnicamente la squadra ne ho visti davvero pochi come lui. Nel cuore mi è rimasto anche Bisoli: è uno che ti insegna a usare la testa, lavora come nessuno a livello motivazionale. Ci ha aiutato a gestire i momenti più difficili e ha fatto crescere il gruppo, credo che ognuno dei miei ex compagni possa confermarlo". A proposito di ex compagni: "Con Defrel mi sento ancora spesso, è stato capace di sfruttare la sua occasione e si merita tutto il bene. Siamo ancora amici e sono felice per lui". E magari, un motivo per sorridere, presto arriverà anche Djokovic, dopo anni di carriera fatta di sacrifici e poca fortuna: "Un sogno ce l'ho: arrivare in una lega tra le Top5 europee e riuscire a giocare con continuità per più di una stagione". La Germania è il primo passo per il rilancio, a 26 anni c'è ancora tempo.