"Adesso voglio bene ai miei giocatori, ma qualcosa in fase di mercato dovremo fare...". E' chiaro Luciano Spalletti: i suoi giocatori dovranno dimostrare di essere da Inter. Il lavoro psicologico dell'allenatore toscano sarà fondamentale e se non basterà qualcuno saluterà e ci saranno volti nuovi:
"Ho del sentimento e cercherò con tutte le forze di trasferire il mio modo di lavorare e le mie convinzioni alla squadra" - si legge nelle pagine de La Gazzetta dello Sport -"All’Inter come squadra, non ai singoli. Perché questo gruppo ha tanti valori, ma poi ognuno ritiene di averfattoilsuo e come collettivo non funziona. Io sono fatto davvero così. Sono voluto nascere in Toscana, non ci sono nato. Ogni giocatore crede di avere qualcosa da ricevere, invece devono preoccuparsi di dare qualcosa. E tanto. Chi vuol lavorare con me deve sentirsi convinto. Anzi, deve sentirsi l’Inter, non un calciatore dell’Inter. Se no è inutile parlare di senso di appartenenza. I ragazzi non devono pensare “Io sono CandrevaoMurillo, giocatore dell’Inter”, bensì “Io sono l’Inter!”. Bisogna avere a mente la grande storia di questo club".
L'Inter prima di tutto: "Li martellerò in ogni istante su questo concetto. Se non capiscono cosa vuol dire vestire la maglia dell’Inter non si va da nessuna parte. Come lo ero per la Roma e per le squadra che ho allenato in precedenza, sono eccitato di poter lavorare per l’Inter. E voglio lo stesso sentimento nei miei uomini. Solo così si crea la giusta simbiosi che deve riguardare tutti. Anche i magazzinieri, che devono essere contenti se l’Inter vince e devono dare tutto perché i ragazzi facciano bene. I ragazzi ho bisogno di guardarli negli occhi e affrontarli io per capire se c’è la giusta convinzione. Responsabilità verso i tifosi? Certo. È una cosa che ho toccato con mano quando con la Roma siamo venuti a San Siro. Noi eravamo lanciati da un filotto di vittorie, loro sembravano a terra eppure c’era lo stadio pieno. Perché i tifosi invece di mollare davano ancora di più la carica".
Mercato ancora fermo in entrata: "Qualche complicazione la può dare. Ma non tanto perché temiamo di perdere i grandi giocatori, quanto perché noi siamo quelli che due paroline a questo gruppo le vogliamo dire. E bisogna martellare ora sulle gambe ora sulla testa, intesa come indicazioni tattiche che poi vanno portate in campo. Uscite? Ora il vero punto è poter operare sul mercato. A seconda di chi esce, poi, cambiano alcuni obiettivi. Adesso voglio bene a tutti i miei calciatori, non credo al detto che l’erba del vicino è sempre più verde. Ma qualcosa dovremo fare per forza. Un conto è prendere uno con cui puoi parlare e che conosce il tuo calcio. Un altro se invece arriva il ragazzino che non capisce, si aspetta di giocare sempreeti pianta il muso se vede poco il campo. Dovremo essere bravi a creare il giusto mix tra un paio di elementi esperti e giovani di talento".
BorjaValero e Bernardeschi due degli obiettivi: "Su certi nomi anche i nostri dirigenti fanno un po’ di “possesso palla” per essere pronti a ogni evenienza. Di sicuro prenderemo due difensori. Borja play basso o trequartista? Può fare entrambe le cose. Non sarà un incursore alla Nainggolan ma ha carattere da vendere, esperienza,sa far girare la palla e non gliela porti mai via. Insomma, a centrocampo può giocare ovunque. E può servire come leader per gli altri. Ripeto, un paio di uomini così servono. Difficile fare risultato puntando solo su gente di 22-23 anni". Obiettivo? Qualificazione alla Champions: "L’obbligo è quello di sentirlo come un obiettivo minimo. Ma sapendo che l’ultima classifica dice che le prime tre erano lontane e che per colmare quel gap dovremo vincere 9-10 gare in più. Senza dimenticare che anche le altre si stanno rinforzando. Ma prima mi lasci guardare i miei negli occhi e vedere come reagiscono alle sollecitazioni".