A volte è proprio vero: la voglia di nuove conquiste resta sempre tanta, ma anche godersi ciò che si è costruito nella più bella parentesi di una carriera ancora tutta da vivere ha il suo perché. Immobile, per esempio, lo sa più che bene: lui, diventato Ciro il Grande dopo una sola stagione con la maglia granata addosso, ha deciso di tornare proprio lì, a Torino o forse ancor di più a casa, nel posto in cui mai si è espresso così bene nella sua avventura da calciatore. Una scelta di cuore, impulsiva, ma allo stesso tempo razionale, influenzata da un ambiente che mai ha smesso di volergli bene dopo gioie enormi condivise insieme. E che è finalmente pronto, dopo una trattativa non andata troppo per le lunghe, a riaccogliere il suo bomber, con Giampiero Ventura in prima fila.
Sampdoria e Sassuolo erano pronte a investire su di lui, ma Immobile ha avuto sin da subito le idee chiare. Sognando di essere ancora protagonista in granata, versione 2013-14, tentando di tenersi stretta anche la maglia della Nazionale: 22 reti per trascinare il Toro in Europa, oltre quell'illusione che sembrava ormai svanita dopo il pari di Firenze ed il rigore fallito da Cerci. Poi, il caos Parma ed una qualificazione che, con il senno di poi, si sarebbe rivelata un'impresa solo a metà, arricchita da un cammino splendido concluso con l'immeritata eliminazione contro lo Zenit. Un viaggio in giro per l'Europa che Ciro ha sì intrapreso, ma separandosi dalla Sua gente: prima una tappa da Klopp, a Dortmund, per tentare di confermarsi ad altissimi livelli anche in una Bundesliga dove non è mai riuscito ad ambientarsi per davvero; poi, l'Andalucía e Siviglia, senza la 9 e con tanta, troppa panchina da digerire. 10 gol in Germania, 4 in Spagna, con le ultime due gioie che sembravano, apparentemente, averlo tolto dal mercato.
E invece no. Puntare al top si può, ma Immobile ha deciso di ripercorrere le orme lasciate in casa granata per tornare, non solo per antonomasia, grande, all'interno di un passato recente che lo ha visto tra i fautori a sorpresa di un'annata storica. Nella quale è stato capace di entusiasmare ed entusiasmarsi, con la cazzimma da guaglione di Torre Annunziata e quel vizio del gol mai più perso, dopo quota 28 reti raggiunta in Serie B (due anni prima) con il Pescara. Un passato da nemico, avversario diretto di quel campionato cadetto vissuto testa a testa fino alla fine e con un cartellino rimasto, sino a poco più di un anno fa, parzialmente di proprietà della Juventus: da buon imperatore, però, Ciro ha saputo conquistare fino in fondo la Torino granata. Diventandone simbolo, leader, imperatore: ciò che vuol tornare ad essere ancora, una volta rientrato nel suo regno e riabbracciato dal suo popolo. Pronto, con la stagione di due anni fa nella mente, a godersi ancora Ciro il Grande.