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Data: 19/05/2016 -

Il mondo di Monchi: "Inizialmente non avevo idea di come si facesse il ds. Vi racconto il mio metodo"

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Ramón Rodríguez Verdejo. Chi? "L'oro di Siviglia" sussurra qualcuno. Vero e proprio "Re Mida" ammette qualche altro. Il risultato non cambia: vincente. Alla scoperta di... Monchi, direttore sportivo del club andaluso fresco campione di Europa League, per la terza volta consecutiva. Mica noccioline. Il suo primo acquisto? Il portiere Notario dal Granada. "All'inizio il club era un disastro, io facevo di tutto. Il presidente di allora, Roberto Alés, mi propose il ruolo di direttore sportivo ma io sinceramente non avevo la ben che minima idea di come potesse essere farlo per davvero. Inoltre mi sarei dovuto abbassare lo stipendio". Monchi è salito su quella bicicletta e si è messo a pedalare veloce: il mestiere l'ha imparato bene bene si direbbe. Qualche esempio: Dani Alves preso per 1,5 milioni dal Bahia e rivenduto al Barcellona per 40. Julio Baptista acquistato per 2,5 e ceduto all'Arsenal per 25. Quanti tra le sue mani? Una lista di talenti infinita, a random: Fazio, Caceres, Seydou Keita (che non era nemmeno la sua prima scelta! Davanti a lui un tipo come Boateng), Adriano, Rakitic, Poulsen, Luis Fabiano, Sergio Ramos, Jesus Navas, Reyes. E altri ancora. Da Alberto Moreno a... Carlos Bacca. Ecco, Bacca. Vendi il colombiano goleador (che aveva preso il posto di un altro goleador: Negredo) ma sotto sotto... che problema c'è? Zero preoccupazioni. Trenta milioni in saccoccia e Kevin Gameiro al suo posto. I numeri sono addirittura migliorati, grazie al lavoro di Emery. Filosofia chiara, che il ds racconta in esclusiva al El Pais“Vendiamo per mantenere un livello superiore alle nostre possibilità. Non si tratta di vendere: significa generare plusvalenze".

Minuzioso, metodico. Monchi svela il 'come' è riuscito a costruire questo paese dei balocchi chiamato Siviglia. "Di norma un giocatore viene seguito da almeno 7 miei collaboratori. Poi ci troviamo con 8/10 giocatori per ruolo in mano e li cataloghiamo dalla A alla E. A significa che bisogna prenderlo subito, B che è molto interessante, C da seguire. E? Come dico io: che si dedichi agli studi. Quando mi offrono un giocatore generalmente suole essere già catalogato dai miei collaboratori, io lo conosco già. Krychowiak era un A tanto per citarne uno".

Conversazione brillante, intervista molto interessante. Poi Monchi si sofferma su alcuni aneddoti del passato. Allenatori, giocatori, acquisti mancati. Su Bielsa. "E' un mito. Abbiamo parlato molto tra di noi, in modo diretto. Un giorno mi disse che lui non permette mai ai dirigenti del club per cui lavora di entrare in spogliatoio. Io gli risposi che a me piace molto il contatto con il giocatore. Lui mi disse che tra noi la cosa non si sarebbe potuta fare: che un giorno lo avrei dovuto cacciare". Van Persie, era fatta. "Andai fino in Olanda e raggiunsi l'accordo sia con il Feyenoord sia con il giocatore. Me lo scippò l'Arsenal proprio dall'ufficio. Ci rimasi davvero molto male anche per De Jong: era in mano mia poi arrivò l'Amburgo". Spesso - sempre - solo una questione economica: chi ne ha di più, vince. E compra. "Un giorno andai in Brasile per Fred ma ce lo soffiò il Lione, all'ultimo. Ma anche per fortuna forse! Perché poi abbiamo acquistato Kanouté!". Ma Monchi lavora con la forza delle sue convinzioni. Idee giuste, metodo di lavoro serio. Competenza. Uguale: successi.

N.B. In una recentissima intervista al The Guardian, Monchi ha sviscerato un aneddoto recente. L'ennesimo della sua vita. "Dopo la semifinale di Europa League sono sceso in spogliatoio. Rami mi ha braccato, dicendomi: 'non so cos'abbia di così particolare questo club ma io non avevo mai giocato una finale in tutta la mia vita. Qui ne farò tre in un solo anno!' e ci siamo messi a ridere". 



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