Non è questione di colore. Un quadro, lo sarebbe. Oppure un maglione, ecco un bel maglione. Lì i colori fanno la differenza, nel calcio no. O almeno non dovrebbero.
Quanto accaduto mercoledì all’Olimpico, deve essere decontestualizzato dal ricorrente ‘chidovequandoperchè’. Sarebbe potuto capitare a Bolzano, piuttosto che a Lampedusa. Perché la mancanza di cultura, ahimè, non ha residenza. Tanti si sono chiesti se fermarsi fosse doveroso. Opinioni contrastanti, in cui la demagogia prende spesso il sopravvento.Cerchiamo però un altro punto di vista: l’Inghilterra. Abbiamo idealizzato il campionato d’oltremanica come uno dei più appassionanti d’Europa. Grandi giocatori, squadre dalla storia secolare e, perché no, sorprese che lo rendono ancora più intrigante. Ma è veramente solo questo?
Il campionato inglese ha compiuto un percorso di metamorfosi nel corso degli anni segnato da due passaggi fondamentali: le tragedie dell’Heysel e di Hillsborough. Della prima sappiamo, tristemente, tutto: il dilagante fenomeno degli hooligans, impersonificato nei sostenitori (possiamo chiamarli in altro modo?) del Liverpool, a discapito di quelli della Juventus. Da lì, le sanzioni dell’UEFA ed i provvedimenti restrittivi del governo Tatcher per regolarizzare l’accesso degli hooligans agli stadi su territorio inglese e d’oltremanica. In alcuni casi la repressione applicata fu tale da essere controproducente, come l’innalzamento di barriere metalliche all’interno degli stadi. Di quanto avvenuto ad Hillsborough, forse ricordiamo meno. Semifinale di FA Cup nell’aprile del 1989 tra Liverpool ed Aston Villa. Si giocò su campo neutro ed a pochi minuti dall’inizio del match i tifosi del Liverpool si accalcarono su una gradinata recintata. Lo spazio era troppo stretto e le vie di fuga inesistenti. Novantasei i morti. Nessuna violenza. Era necessario un compromesso tra repressione dei violenti ed organizzazione delle strutture. Il rapporto del giudice Taylor, che mise in evidenza l’incolpevolezza dei tifosi del Liverpool, nella tragedia di Hillsborough mise in moto un processo a catena che mobilitò i club inglesi e la lega. Investimenti nella ristrutturazione degli stadi, solo posti a sedere, proibizione dei cori razzisti ed esclusione a vita, in caso di lancio di oggetti in campo. Queste alcune delle misure che contribuirono a cambiare fisicamente il calcio inglese e, con esso, la cultura delle persone che vanno ad assistere una partita di calcio.
Dall’Inghilterra all’Italia, il tempo di un volo aereo di un’ora o poco più. Eppure la distanza sembra ancora abissale. Forse è stato giusto fermarsi, mercoledì. Forse sarebbe giusto che tifosi e società si soffermassero, anche per pochi minuti, a rileggere una storia già scritta e vissuta. Perché il calcio non è questione di colore né di repressione, ma di cultura e di organizzazione. Fra poche ore, un nuovo calcio d’inizio sui campi italiani, nella speranza che lo sia anche sugli spalti.