Un Chino Recoba dai muscoli d’oro. “Insomma, non esageriamo”. Di golden autentico solo il suo mancino fatato, imprevedibile. Anche se a conti fatti “in quei sei mesi al Venezia non si è mai infortunato. Al massimo un problemino alla schiena poco prima di una trasferta contro la Roma”. E la parola - che vale, eccome - è di chi l’ha trattato più e più volte: Marco Flaminio, storico massaggiatore del Venezia di Zamparini. "La prima volta in cui ci hai avuto a che fare?”. Non si scorda mai.
Storia lunga, preambolo turbolento. “Ultima giornata del girone d’andata, Venezia penultimo. Novellino in panchina e Zamparini presidente”. Marco riporta come se fosse ieri. “La squadra stava attraversando un momento particolare: giocava bene ma non vinceva, i risultati non arrivavano. Mancava davvero poco per fare quel salto lì, un qualcosa...". Di nuovo con un cambio di allenatore? "Si vociferava di un Tesser pronto". Ma no. Di magico, per una città unica nel suo genere. E dopo due giorni di silenzio stampa e una panchina in alta marea, quasi a fondo, dalla gondola ecco spuntare il regalo inaspettato. “Dopo summit e riunioni, martedì ci ritroviamo tutti al Penzo: Zamparini e Marotta con Novellino e… Recoba!”. Marco Flaminio, un fiume di aneddoti sempre in esclusiva su gianlucadimarzio.com. “Ci siamo trovati davanti a fatto compiuto! Vedere Recoba lì con noi è stato incredibile, eravamo tutti contentissimi e gasatissimi perché conoscevamo le sue qualità”. Intuizione di Zamparini, lodi a Marotta. “Aveva un passo in più rispetto agli altri, lo si notava subito. Un dirigente formidabile. Grazie a lui il Venezia ha svoltato soprattutto a livello di struttura organizzativa, signorilità”.
Dunque in arrivo, ci siamo: tenetevi forte. “Subito, primo allenamento”. Marco non dimentica nulla, preciso. “Io ero rimasto dentro con Taibi perché non stava benissimo. La squadra esce per la classica corsetta di riscaldamento. Novellino davanti - nonostante un ginocchio messo parecchio male - e Recoba dietro. E sai che c’era? Zoppicava sia il primo… sia il secondo!”. Della serie, iniziamo bene. “Il mister si avvicina e gli chiede cosa avesse, la replica di Recoba spiazza tutti ‘ho male’ perché la cartella clinica che ci era arrivata dall’Inter era perfetta!”. Ma Novellino era già partito per la tangente. “Prima rimane senza parole, del tipo ‘ma come male? ma allora cosa ci sei venuto a fare qui?’ e poi mi chiama urlando a squarciagola un ‘Marcooo’ infinito”. Trattamento in arrivo, d'urgenza. “Lui aveva sempre detto di stare bene ma non era vero, aveva un risentimento all’adduttore sinistro. Si giustificava con un ‘eh ma io mi sono sempre gestito’ abbastanza sincero". Visita di rito e test specifico. “Era contratto, sembrava avesse la sindrome degli adduttori. L’ho valutato e manipolato, massaggiato la coscia - enorme e tonica! - per più di mezz'ora. Rilevo una fibrosi. Aveva male male, quando premevo in profondità - accarezzare non serve a nulla - lui faceva quella classica smorfietta di dolore… da Chino”. Denti in fuori, occhi chiusi. “Finisco e gli dico di andarsi a cambiare, che avremmo valutato la sua condizione solo il giorno dopo”. E Recoba che fa? “Va in campo! Vede 36 palloni tutti in fila e inizia a calciarli uno a uno, così a freddo. Io mi metto le mani tra i capelli. Novellino - nell’altro campo a gestire la parte atletica del gruppo - nota questi palloni volare e finire tutti in gol e gli dice ‘ma cosa fai?!’ e lui ‘sto provando la gamba, mister ora va molto meglio!’. Poi rientra in spogliatoio e mi sussurra ‘ dai Marco, facciamo un altro po’ dai”. Genio.
Talento vero, unico. “La sua forza? Quando si divertiva… ci faceva vincere”. Non amava la corsa ma… “Novellino lo fregava dandogli un pallone, con quello tra i piedi correva”. Segni particolari oltre la A di Alvaro accentata? “Era talmente rapido nell’esecuzione che non capivi quando stava per calciare, eppure lo faceva e pure con grande precisione. Ricordo un suo gol contro l’Empoli: sembrava volesse crossare invece l’ha spedita sotto il sette da posizione impossibile, uno spettacolo”. Piovono conferme, anche dal figlio di Marco, Alberto. Che mi svela: “Hai presente quando a fine allenamento devi riporre i palloni dentro la sacca? Ecco. Capitava che mi facessero tenere quella sacca, Recoba tirava da 40 metri… facendo centro”. Cecchino. Poi ancora. “Una volta stavo calciando in porta per i fatti miei. Ero piccolo. Lui si avvicina con fare interessato e mi sussurra in mezzo spagnolo ‘devi prendere qui’ indicandomi la valvola”. Valvola, palo, gol. Più era difficile e complicato, più gli riusciva, si esaltava. Un Chino Recoba dalle giocate d'oro. "Quello sì!" ammette Marco. Un altro che lo ringrazia per quanto fatto, a Venezia forse il miracolo più bello della sua carriera.