Dieci anni di A, ora il momento di ritrovarsi in Serie D. Sì, perché lì: “I tempi di gioco sono un’altra cosa, ma l’impegno non è da meno rispetto ai grandi”. Nicola Pozzi nello spogliatoio del San Donato Tavarnelle è il punto di riferimento. Racconta le sue esperienze, le sue battaglie: “Adesso sono uno di loro” Ci tiene a precisare. Cassano, Pazzini e non solo nella sua vita: “Ora accanto a me ci sono ragazzi che fanno sacrifici incredibili. Il pomeriggio si allenano, poi la sera c’è chi fa il cameriere o il tassista. La passione sta alla base di questa categoria”. Così come al principio della sua scelta c’è la famiglia: “Avevo due offerte dalla C e una dall’estero – ci racconta – ma sarei andato lontano da casa solo per una realtà di un certo tipo”. Troppo importanti per lui la moglie Sara e le due bambine, Tea e Tiarè: “Se in certi momenti sei solo non puoi farcela. Sono state la mia ancora. Quando sei lontano dai campi ti girano le scatole costantemente, ma da solo sarebbe tutto più duro”. Soprattutto per uno come lui, abituato a fare gol. Come nel trofeo Berlusconi del 2004: “Anche se quello fu un regalo di Crespo, che mi servì a porta vuota” Ricorda sorridendo. “Arrivai al Milan e mi misero in camera con Maldini. Non volevo crederci, io con il capitano. Una persona straordinaria, così come Gattuso. La sua intensità in allenamento era un esempio per tutti”. La voglia di fare gol di Inzaghi, la classe di Pirlo e Seedorf in mezzo al campo. Shevchenko, Kakà e Ambrosini: “Che veniva dal Cesena proprio come me, mi ha dato una grande mano nell’inserirmi”. Poi c’erano le partite alla playstation con Nesta e Pirlo: “E la tripla con Gattuso, Brocchi e Abbiati. Che allegria in quella camera”. In estate il passaggio al Napoli, appena fallito: “Rifiutai quattro squadre di B, volevo solo gli azzurri. I primi giorni ci allenavamo in sette con un pallone che era nella macchina di un nostro compagno, poi Carmando è andato a prendere le prime divise in un centro commerciale. Ma la fame del Presidente era tanta”. Già, De Laurentiis stava costruendo quella macchina che oggi corre per lo Scudetto: “Ho segnato contro il Lanciano, la prima vittoria della stagione. Ricordo che lui è entrato nello spogliatoio insieme al cantante Guido Lembo. Ci mettemmo a cantare tutti con la chitarra”. Poi il problema al collaterale: “Per il quale non mi hanno curato bene”. Gioca solo tre partite Nicola in quei mesi, fino al trasferimento all’Empoli: “Che ricordi fantastici. La prima stagione in A quando avevo solo 19 anni. Il debutto in Coppa Uefa, un traguardo storico per Corsi e per tutti i tifosi”. Ma lì c’è anche l’infortunio più pesante della sua carriera: “La rottura del crociato nella vittoria al San Paolo. In due mesi avevo segnato undici gol ed ero titolare in Under 21. E' stata una brutta botta”. Ne ha avuti di infortuni Nicola, dal crociato destro a quello sinistro, passando per i tanti interventi di pulizia. Ma si è sempre rialzato e lo ha fatto anche lì, arrivando alla Sampdoria, il suo più grande amore: “C’erano Cassano, Pazzini e Bellucci. Tre attaccanti fortissimi, io ero la quarta scelta. Ma sono contento, perché sono riuscito a dare un contributo importante per la corsa Champions”. Tante le risate con Antonio, tanti anche gli assist: “Mi resi conto della fortuna di poter giocare accanto a lui in una partita a Torino, contro la Juve. Feci doppietta, mi metteva in porta in ogni istante”. Il preliminare con il Werder Brema va malissimo, la Samp l’anno dopo retrocede: “Quella è stata sicuramente la delusione più grande della mia carriera. Avevo offerte dalla A ma decisi di rimanere per un questione di principio e riconoscenza. Segnai 16 gol in campionato, altri quattro nei playoff. E' stata la mia stagione migliore”. Nel 2014 l’addio, giusto il tempo di assistere all'esplosione di un certo Mauro Icardi: “E’ stato molto bravo, ma anche fortunato. Mi feci male io, una settimana dopo anche Maxi Lopez andò sotto i ferri. Rimase soltanto lui, il ragazzino della Primavera. Probabilmente sarebbe andato in prestito in B, sarebbe stato tutto diverso”.
“E’ arrivato il momento di separarci” Gli comunica la Samp. Lui ne prende atto, ma continua a giocare. L’ennesimo infortunio al Parma e l’inferno del fallimento: “Non respiravo nulla di buono lì”. Il prestito al Chievo: “Dove mi sono trovato benissimo”. Il Vicenza dopo e il Pro Piacenza: “Una realtà familiare, dove sono tornato a segnare quattro anni dopo l’ultima volta”. Infine il San Donato Tavarnelle: “Ho giocato due partite consecutive nel giro di sette giorni, non mi capitava da anni. Le ho superate bene fisicamente e adesso devo continuare così”. Perché Nicola Pozzi di appendere le scarpette al chiodo non ci pensa proprio: “Anche se ci ho riflettuto in un paio di occasioni – ammette – ma il calcio è la mia vita, non so starci senza. Voglio continuare per altri quattro o cinque anni”. Dal Milan dei campioni al Napoli della rinascita, passando per L'Empoli dei record e la Samp da Champions. Il suo viaggio non è ancora finito.