Il giovane Agustín Lapido, talento delle nazionali minori dell’Uruguay e del Nacional, debuttò in prima squadra in un’amichevole contro l’Estudiantes, vinta per 1-0.
Un giorno il suo valore venne messo in discussione da un ritardo a un allenamento. Ma Agustín non aveva passato la notte a divertirsi, né si era lanciato in un insospettabile atto di indisciplina. Semplicemente, aveva ricevuto un premio per essere tra i migliori alunni della sua scuola, e viste le perdite di tempo nella cerimonia di consegna non era riuscito ad arrivare puntuale per la seduta con il Nacional.
Rudy Rodríguez, il suo allenatore, non badò troppo alle giustificazioni. Ma Agustín gli presentò il riconoscimento che aveva ricevuto, nelle sue mani, direttamente dal vicepresidente della nazione Danilo Astori. Eppure lui, in quel momento, pensava solo ad arrivare all’allenamento.
Ricevette il pabellón nacional, che non è altro che una bandiera dell’Uruguay che viene consegnata a tutti gli studenti più meritevoli. Dopo l’allenamento tornò a casa a Malvín Norte, nella strada di terra di fronte alla quale cominciò a giocare da bambino, nel campetto vicino. Ragazzo riservato, ha sempre raccontato che i suoi amici sono sempre stati amici veri, che conoscevano tutto di lui. Gli altri, tanto estranei da non sapere neanche che fosse un calciatore.
Qualche dubbio, a qualche vicino, sarà venuto vedendolo zoppicare con un ginocchio in frantumi. Se lo ruppe proprio poco tempo dopo il debutto nella massima divisione uruguagia, quando era arrivato anche nelle giovanili della Celeste.
La sua vocazione all’eccellenza nello studio lo convinse così, in quel momento di riflessione, a non trascurare la possibilità di crearsi una possibilità ulteriore, se mai il calcio gli avesse voltato le spalle.
“Lo studio ti sgombra la mente”, si diceva, e parallelamente al suo sogno di giocare per la squadra per cui aveva sempre tifato, così come tutta la sua famiglia a eccezione del fratello maggiore, la oveja negra (pecora nera), continuò a dedicarsi ai libri.
Una volta, prima di una importante partita, Agustín tornò in camera nel ritiro con i suoi appunti. Era sera, e per addormentarsi i suoi due compagni di stanza De Pena ed Espino stavano guardando la tv. Quando Agustín spiegò loro di dover studiare filosofia, spensero tutto e gli permisero di concentrarsi, prendendo sonno senza l’aiuto di qualche noioso programma.
La famiglia fu decisiva per permettere al ragazzo di spostarsi rapidamente dai campetti in cui sviluppava le sue doti calcistiche sin dagli inizi con América, Deportivo Oriental e Rincón de Carrasco fino alle aule dove andava a lezione.
Per riconoscere questo sforzo, decise di cambiare il suo cognome e di prendere quello del padre adottivo, fondamentale nella realizzazione di tutti i suoi propositi. Fu così che Agustín Lapido divenne Agustín Rogel.
Vincitore del Sudamericano Sub-20 2017 e protagonista al centro della difesa della Celeste anche al Mondiale Under 20, avanti nelle gerarchie anche rispetto al talento comprato dal Barcellona, Santiago Bueno, Rogel adesso è anche un brillante studente di Medicina con indirizzo Radioterapia. Una carriera che dovrà proseguire, forse, in Italia. In un’Università milanese, con la maglia rossonera.
di Tre3Uno3