Verona, Torino, Cagliari, Salerno, Napoli, Terni... Claudio Ferrarese ha concluso il suo personalissimo "giro d'Italia": ultima tappa Trento. Un percorso lungo 22 anni, serie A, serie B, Lega Pro, ma anche Eccellenza, Promozione e Serie D: discese e salite. L'ultima non era lo Zoncolan, Claudio ha festeggiato anche promozioni in serie A, ma quella di Trento è doppiamente speciale. "Vieni, ci facciamo la strada assieme e ti racconto tutto". Allacciamo le cinture, il sali e scendi ha inizio...
"Quel giro di campo mi ha dato la consapevolezza che il mio ciclo nel calcio era finito e mi sono emozionato" - dichiara Ferrarese ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "Nonostante tanti anni, anche ad alto livello, non pensavo di vivere ancora simili emozioni. E' stata bellissima la festa che la società mi ha riservato, lo stadio era pieno ed erano tutti in piedi per me. Sono felice di avere contribuito a questa doppia promozione e sono convinto che Trento ben presto si ritroverà in categorie molto più importanti".
Il viaggio verso casa prosegue, Claudio osserva il panorama fuori dal finestrino. Poi riattacca: "Vincere i campionati di serie B è sicuramente diverso. Si tratta di club importanti, che hanno tradizione e in ambienti dove si vive quasi per il calcio. Ho avuto la fortuna di centrare due promozioni in A con l'Hellas Verona, la mia squadra del cuore, e una con il Torino: sono ambienti caldi e che hanno tantissimi tifosi, tutta un'altra storia. A Trento ho trovato la stessa voglia di vincere ed arrivare in alto, si tratta anche qui di calcio vero, fatte però le dovute proporzioni. Il sacrificio è sempre lo stesso e se a 38 anni ho potuto giocare ancora è proprio perché ci ho messo sempre passione e voglia".
Come si decide il momento giusto per smettere? "Ho avuto un problemino fisico, hanno trovato una ciste tra tibia e perone che mi ha causato una fascite peronea e quindi mi sono dovuto fermare per forza. Forse avrei giocato un altro anno, ma ormai era giunto il momento di smettere e di iniziare una nuova avventura. Sarà strano non andare tutti i giorni al campo di allenamento e non so cosa proverò le prime volte. Però avrò sicuramente più tempo da dedicare alla famiglia, ai miei figli e comunque spero di continuare con questo sport con altri incarichi".
Come è nata questa grande passione? "Mi sono avvicinato al calcio da piccolo, appena ho capito che la palla rimbalzava e che potevo essere io a farla muovere. Un colpo di fulmine, quando passavo giornate intere a tirare un pallone contro il muro o a giocare con i bambini del condominio. Tornavo a casa con le ginocchia sbucciate, ma felice.Oggi la stessa passione ce l'hanno miei figli e forse rientra nel DNA della famiglia Ferrarese. Tommaso ha 14 anni, Niccolò ne ha 10 e giocano entrambi nel Verona: hanno passione sono bravi, ma non so se diventeranno calciatori. Intanto sono felice che facciano sport e non si dedichino a cose brutte".
Il tempo passa e manca ancora qualche chilometro: al sole si alterna la pioggia. A proposito di mutamenti: quanto è cambiato il calcio in 22 anni? "Tanto, soprattutto ultimamente. A parte i discorsi legati alla tecnologia, quando iniziai io non c'erano distrazioni come internet e cellulari. Ma anche per quel che riguarda il talento e la qualità il calcio di oggi ha nettamente abbassato il livello. Appena iniziai c'erano giocatori pazzeschi e dai 20 ai 30 ho avuto la fortuna di affrontare campioni di livello assoluto. Questo mi permette di capire quanto la serie A e la serie B siano peggiorate negli ultimi 22 anni. Il nostro calcio purtroppo è andato un po' in picchiata. Ci vogliono successi sia a livello di club che di Nazionale per ripartire di nuovo".
Rete più importante? "La prima in serie A, quello che segnai con la maglia del Torino a Parma, in campo neutro. Era appena nato mio figlio, il primo gol in serie A quasi un segno del destino: quella è stata la partita che non dimenticherò mai". Idoli? Due ex Real... "Quando ero piccolo impazzivo per Butragueno del Real Madrid. Poi mi sono affezionato a Figo, più recente e più vicino al mio ruolo. Butragueno e Figo rappresentano tutto ciò che io ho voluto proporre nel mio ruolo, esterno puro. Ma non sono interista. La mia squadra del cuore è l'Hellas Verona, dove sono cresciuto, ho esordito e ho vinto campionati. I gialloblù sono la squadra della mia città e faccio il tifo per loro: speriamo che sia A diretta".
Hai anche vestito l'azzurro da giovanissimo: che sensazioni si provano? "Ricordi bellissimi, ho fatto un 'Europeo Under 18 e uno Under 19. Avevamo uno squadrone ma uscimmo contro la Serbia con una doppietta di Stankovic. Da noi c'erano i vari Pirlo, Bonazzoli, Miccoli, tutti ragazzi che hanno fatto una carriera importante". Avversari e compagni più forti? "L'avversario più forte affrontato sicuramente Ronaldo, il fenomeno. Ho avuto la fortuna di conoscere la serie A proprio negli anni in cui il brasiliano era in Italia. Compagni più forti? Adrian Mutu e Stefano Fiore, giocatori incredibili. Poi Mauro Camoranesi, Gilardino, Oddo... i tre campioni del Mondo: ragazzi eccezionali anche fuori dal campo".
Il viaggio è giunto a conclusione, Claudio è arrivato. Siamo nel portone di casa, ma prima di lasciarlo ho un'ultima domanda. Adesso che farai? Falcerai il prato? "Anche (ride). Mi piacerebbe lavorare per il Trento, me lo auguro e ci ho sempre sperato. La società aveva in mente già dall'inizio di proseguire con me anche una volta terminata la carriera. Il mio sogno è diventare direttore sportivo quindi dovrò cominciare a girare campi, fare relazioni: scouting insomma. Anche se in parte l'ho già fatto in questi ultimi anni. Questa è la mia speranza e il mio sogno".