No, non è esattamente Londra: smentito il primo luogo comune. Watford si trova più a nord, nell’Hertfordshire. Il suo centro sportivo invece è un po’ più isolato: dalle risposte dei passanti si direbbe che in pochi lo conoscono. Treno fino a St. Albans. Dalla stazione poi il bus 602: mezz’ora di tragitto e si giunge a destinazione. London Colney. “Home of Watford Football Club”: recita l’insegna giallonera che scorgiamo dal finestrino. Il Training Ground è proprio lì, ad un passo dalla fermata. Piccolo particolare: fino a qualche anno fa apparteneva all’Arsenal; ora invece i Gunners hanno deciso di costruirsi una nuova casa poco distante. A Separare i due centri soltanto alcune siepi.
Nemmeno il tempo di presentarsi alla security che dall'interno arriva il via libera: entriamo. Intorno a noi campi di ogni dimensione curati non alla perfezione, di più. La sensazione è di esserci lasciati alle spalle l'Inghilterra per addentrarci in un'Italia 2.0. Colonia foltissima, dagli ex Serie A a tutto lo staff di Mazzarri. La lingua italiana riecheggia un po’ ovunque. Soprattutto in campo. Seduta tattica, prove di formazione. Frustalupi schiera la squadra; Mazzarri impartisce le indicazioni. “Buono”, “Più veloce”. “Bravo Niang”: l’ex Milan ha appena concluso in rete dopo uno schema riuscito alla perfezione. “Holebas, attento!”, richiamo all’ex romanista pizzicato a scherzare con Britos. Anche il direttore tecnico Filippo Giraldi osserva attentamente da bordocampo. La partitella. Intensità e atmosfera serena. Niang palleggia con un assistente. Dicono che qua si trovi davvero alla grande. Ad attenderlo per il pranzo c’è il fratellino: forse sosterrà un provino con le giovanili degli Hornets.
Rientrando verso gli spogliatoi ecco invece la palestra. Musica a manetta: Amrabat simula un movimento a ritmo di Reggaeton. C’è chi decide di fermarsi raggiungendo i compagni alle prese con la fisioterapia, tra cui Valon Behrami. “Ti fermi a mangiare, no?”, invito più che gradito.
È già ora di pranzo. A gruppi ci si dirige alla mensa, distante pochi metri. Un luogo davvero accogliente: sul muro sono raffigurati vari campioni di ogni sport con tanto di citazioni. Un boccone tutti assieme prima di dirigersi dalle rispettive famiglie: mezza giornata libera. I primi ad accomodarsi sono capitan Deeney, Kaboul, Gomes e Janmaat. Lo staff invece ride e scherza con l’insegnante di inglese. Non può mancare il tavolo degli ex Serie A: Okaka, Britos e Behrami confabulano tra di loro. Scherzano e discutono di tattica, rigorosamente in italiano. Proprio il centrocampista ex Lazio, Fiorentina e Napoli si avvicina per raccontarci questo loro mondo al Watford. Anzi, il tempo di terminare il pranzo e si comincia: “Che pressione, nemmeno Gattuso”, risponde sorridendo a chi lo invita ad accelerare i tempi.
"Ma che è, una festa?!". "Seguiamo sempre la Serie A"
“Questo è un gruppo multietnico, pieno di giocatori rumorosi”, esordisce scherzando lo svizzero in esclusiva per Gianlucadimarzio.com. Altro mondo rispetto alla Serie A: “Qui inizi a sentire la tensione 10 minuti prima che inizi il match, appena si riempie lo stadio”. “Prima della partita nello spogliatoio la musica alta è la regola: il mister inizialmente non essendo abituato veniva preso un po’ alla sprovvista. ‘Ma che è, una festa?!’, ci domandava in continuazione”.
Ora invece “sta entrando nella mentalità inglese, ha dato una sua impronta di gioco”. Nonostante l’uso dell’inglese sia “da migliorare”, sorride Behrami. “L’unico suo problema non è il campo ma la comunicazione: ce la sta mettendo tutta ma non è semplice. Sia noi sia i suoi collaboratori cerchiamo di aiutarlo, deve un po’ migliorare”, afferma ridendo. Sul campo invece nessun dubbio: “Lavora tantissimo, molto più di quanto gli allenatori siano abituati a fare in Premier. Ci ha dato un’impronta di gioco, peccato per qualche infortunio di troppo. È stata un’annata discreta e sia la società sia i giocatori sono in crescita”.
Mentalità da Serie A. Campionato ancora seguitissimo da tutti questi ex: “Noi provenienti dalla Serie A abbiamo una mentalità calcistica e stili di vita simili: organizziamo sempre tra noi attività in base ai nostri bambini. Poi, ci vediamo spesso per vedere la partite al ristorante: c’è un locale con una sala privata dove trasmettono tutta la Serie A”. Un esempio: “La scorsa settimana abbiamo guardato insieme Napoli – Juve: non vedo tutte queste differenze tra le due squadre, a parte una questione di continuità. Adoro il calcio di Sarri ma non sento spesso i miei compagni; per quanto riguarda Higuain i fischi ci stanno ma sono contento non sia successo nulla di grave. Dalla sua cessione ci hanno guadagnato sia lui che il Napoli”.
A differenza dell’Italia, purtroppo al Watford è quasi impossibile compattare tutto lo spogliatoio al di fuori del terreno di gioco: l’unica nota negativa, se così si può dire, di questa avventura in Premier. “Essendo il nostro gruppo così multiculturale non sempre riusciamo a trascorrere tempo insieme a causa delle dimensioni di Londra. È un peccato non poter organizzare attività con tutta la squadra come accade in Italia perché il gruppo spesso fa la differenza. Viviamo tutti a Londra ma spesso tra un’abitazione e l’altra c’è un’ora di distanza, così tendi a stare con chi parla la tua stessa lingua come noi ex Serie A”.
È tempo dei saluti. Una stretta di mano a Behrami, l’ulltimo ad abbandonare il centro sportivo. Nel frattempo nel campo più esterno sta andando in scena il match di campionato tra gli Under 23 del Watford contro i pari età del Bolton, terminato 2-2. Un’ultima foto e si riparte. Colpisce la disponibilità degli addetti ai lavori. Un passaggio in auto in direzione St. Albans accettato super volentieri prima di voltare definitivamente le spalle all’insegna giallonera di casa Hornets. A quel mondo Watford che non sarà situato esattamente a Londra - come molti credono - ma che di certo è una realtà di questa Premier. E motivo d’orgoglio anche per la Serie A.