In qualche foto d’archivio si possono già trovare insieme Neymar e Coutinho, amici da una vita e cresciuti calcisticamente nelle giovanili verdeoro. All’epoca avranno avuto più o meno 15 anni, qualche brufolo di troppo e l’apparecchio ai denti. Si ispiravano a Robinho e sognavano entrambi di giocare nel Real Madrid. Erano poco più che bambini, oggi trascinano il Brasile in Russia. Insieme. Un gol per uno e il fantasma di una tragica eliminazione allontanato. E che il Brasile sentisse in modo particolare la gara con la Costa Rica lo si è capito in due istantanee: nella corsa sanguigna conclusa con uno scivolone del Professor Tite e nelle lacrime al centro del campo di Neymar, tornato al gol in partite ufficiali dopo 4 mesi. Lì, solo, in mezzo al campo, mentre i compagni festeggiavano per una vittoria dal sapore di liberazione.
Niente più fascia di capitano, mollata nel 2016 dopo la vittoria delle Olimpiadi per le troppe critiche ricevute in patria. Ma il peso del salvatore della patria è sempre presente sulle spalle ormai larghe di O’Ney. Primo cross sbagliato e subito fischi, il rigore negato poi sembrava presagire un’altra giornata da dimenticare. Ha messo tutti a tacere Neymar, anche con un post su Instagram che racchiude un po’ tutta la sua storia: “Non tutti sanno cosa ho passato per arrivare fin qui. Tanti parlano ma in pochi fanno veramente”. Un urlo di liberazione: ora niente critiche, il Brasile sta arrivando. Quattro punti in 2 gare e qualificazione quasi archiviata.
Eppure per sbloccare la gara con la Costa Rica è servita una giocata quasi allo scadere del solito Coutinho. Uno che quattro anni fa per il Mondiale in Brasile nemmeno fu convocato da Felipe Scolari, generando addirittura un tweet pubblico di disaccordo da parte della polizia brasiliana. Oggi però il centrocampista del Barcellona è una delle chiavi della squadra di Tite. E’ in forma strepitosa: ha segnato tra nazionale e club 8 gol nelle ultime 10 partite disputate. Corre, inventa e fa da collante tra i reparti. Con la rete alla Svizzera ha ricordato Del Piero, ora si candida al ruolo di protagonista indiscusso in Russia.
E se il Brasile ha acquisito lo status di favorita per eccellenza il merito è anche del Professor Tite. Lo chiamano così perché ha una laurea in scienze motorie e da quando è allenatore della nazionale verdeoro ha perso una sola volta collezionando 18 vittorie e 4 pareggi. Un personaggio straordinario, che in realtà di nome fa Adenor Leonardo Bachi, pronunciato «Cici». E’ diventato Tite da quando, ancora calciatore, Felipe Scolari lo scambiò con un suo compagno di squadra (Tite appunto). E’ devoto alla Vergine Nossa Senhora Aparecida e prima di ogni partita prega per i suoi giocatori in un piccolo santuario all’interno dei bagni dello spogliatoio.
Oggi ha cambiato la partita con l’ingresso di Firmino e soprattutto Douglas Costa. Marchio di fabbrica sempre presente: accelerazione bruciante e assist come se piovessero. L’esterno della Juve ha cambiato faccia ad un Brasile fino a quel momento lento e impacciato. Ha acceso la luce: prima l’assist per il colpo di testa di Gabriel Jesus finito sulla traversa, poi la continua ricerca della giocata per creare superiorità numerica. Tite da oggi ha una certezza in più: difficile lasciare fuori questo Douglas Costa, ennesima arma di un Brasile sempre più lanciato.