Heysel, 5 storie per non dimenticare
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Data: 29/05/2020 -

Heysel, 5 storie per non dimenticare

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Morire per una partita di calcio. Morire per la violenza di ‘tifosi’ che non meritano di viverlo e la connivenza di autorità che non sanno gestirlo. Da trentacinque anni l’Heysel è una ferita aperta nella coscienza di ogni sportivo. Una notte maledetta che a Bruxelles, il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool ha causato la morte di 39 persone con un’unica irreparabile colpa: essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Francesco Caremani, giornalista e scrittore, di quella strage è diventato la voce più autorevole. Nel 2003 ha scritto ‘Le verità sull'Heysel. Cronaca di una strage annunciata’, un libro che ha portato alla luce verità scomode mai raccontate, superando un certo riduzionismo con cui molti hanno trattato nel tempo la vicenda. Un lavoro supportato dall’associazione dei familiari delle vittime che per sette anni hanno combattuto direttamente contro la Uefa per ottenere giustizia e riempire quel vuoto di memoria rispetto a una strage che ha cambiato per sempre il calcio: “Strage e non tragedia, visto che ci sono delle responsabilità evidenti”, precisa più volte a gianlucadimarzio.com.  

Non è mutata invece la coscienza di chi la lezione non l’ha imparata e per un pallone continua a uccidere: “L’Heysel è stato la perdita dell’innocenza del calcio mondiale e la condanna in tribunale dell’Uefa ha fatto giurisprudenza. Oggi però negli stadi italiani continua a mancare il rispetto per i morti. È inaccettabile che le vittime siano diventate carnefici. L’Heysel ci dice che il tempo non è galantuomo: più passa e peggio è. Questo vuoto è come un buco nero che diventa sempre più grande senza che nessuno possa mai riempirlo”. Nel giorno del 35esimo anniversario dell’Heysel la redazione di gianlucadimarzio.com vuole contribuire a creare questo sentire comune raccontando alcune delle storie dietro i numeri. Un ricordo dei volti, le immagini, i sogni, le aspirazioni che il destino di una notte terrificante ha tolto a 39 persone come noi.

SFOGLIATE IN ALTO LA NOSTRA GALLERY

Di Gabriele Candelori

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GIUSEPPINA CONTI - “L’altra vittima di Arezzo, la sua storia poteva essere la mia. Giuseppina ha 17 anni, fa il liceo classico e a scuola è bravissima. Il padre la portò all’Heysel come premio, era tifosa della Juventus e Platini il suo idolo. C’è una bellissima foto qualche ora prima della strage in cui è avvolta nella bandiera della Juventus. La stessa che servirà per coprirla quando i morti saranno messi in fila sotto la tribuna autorità, prima di portarli all’obitorio allestito in un aeroporto militare. La famiglia Conti è rimasta molto colpita, il dolore del padre Antonio è stato inconsolabile. È quello di un padre che porta la figlia minorenne a vedere la squadra del cuore e la riporta a casa senza vita. Nelle scuole raccontiamo la sua storia a ragazzi che non erano nemmeno nati e parlare di Giuseppina consente loro di immedesimarsi in una coetanea con i loro stessi sogni e aspettative. Si stava costruendo una vita in un’età in cui tutto è ancora possibile, per una partita di calcio si è spento tutto”.
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