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Data: 24/10/2018 -

Barça-Inter, la partita di Herrera: rapimenti e intuizioni raccontate dal figlio Helios

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Dal feeling con Facchetti al rapimento Quini, l'ultimogenito di Helenio Herrera racconta l'Inter e il Barcellona allenati dal Mago
Dal feeling con Facchetti al rapimento Quini, l'ultimogenito di Helenio Herrera racconta l'Inter e il Barcellona allenati dal Mago

I doppi ex di Inter e Barcellona? Tantissimi, e illustri: da Ronaldo a Ibrahimovic, da Eto’o a Figo. Fino a Luis Suarez e Helenio Herrera, riportando indietro le lancette di qualche decade. Durante la nostra chiacchierata con Helios, il figlio del Mago che lo voleva calciatore (ma che oggi è professore di economia in Inghilterra), i nerazzurri e i blaugrana allenati da Herrera riprendono vita e colori. Dal particolarissimo punto di vista di un ragazzino che a casa respirava Inter e che a nove anni seguiva il papà sulla panchina del Camp Nou.

Herrera Jr. è nato nel 1972 ed è quindi troppo giovane per aver ammirato i trionfi della Grande Inter. Ma è come se li avesse comunque vissuti, durante la sua gioventù. “L’Inter era sempre nella nostra atmosfera. Anche perché papà rimase consigliere della società per parecchio, mi ricordo le telefonate che gli facevano di continuo per avere il suo parere su questo o quell’altro giocatore. Per anni a Natale ci è arrivata una cassa di champagne dai Moratti, con loro c’era un grandissimo rapporto.”

Tra i giocatori, invece, era speciale il feeling con Facchetti. Forse la più grande intuizione dell’allenatore di Buenos Aires. “-No no, è un brocco. Herrera, cosa prendi questo spilungone?- Mio padre lo ricordava volentieri: -Certo che lo prendo, vedrai che andrà anche in Nazionale-. Nessun altro lo voleva, è stato lui a scoprirlo e a motivarlo. E dal canto suo Giacinto era un vero gentleman: splendida persona e grande campione”. Un legame, quello tra Herrera e il terzino, che si è mantenuto anche nelle generazioni successive: “Quando l’anno scorso c’è stato il ventesimo anniversario della morte di mio padre e gli intitolarono una piazzetta dietro San Siro, il figlio di Facchetti, Gianfelice, c’era e venne a salutarmi”.



E se in casa Herrera si continuava a respirare Inter, in casa Inter il Mago rimaneva una presenza latente: “Ogni volta che la squadra andava bene, subito i tifosi e la stampa scattavano: -Ah! Sarà mica il ritorno della Grande Inter?- E via, intervista a Herrera. Se mi raccontava dei successi alla guida dei nerazzurri? Mi ricordo di più quello che ho vissuto in prima persona: quando avevo 9 anni mio padre fu chiamato dal Barcellona”.

Dopo vent’anni, Helenio Herrera fa ritorno sulla panchina blaugrana. Non era il Barça di oggi, ma c’erano Bernd Schuster, Allan Simonsen (Pallone d’oro 1977). E Enrique Castro Gonzalez, meglio noto come Quini: una valanga di gol in Liga e già tre volte vincitore del Pichichi. “Conoscevo i giocatori, andavo in ritiro", continua Helios. "E al Camp Nou seguivo papà in panchina”. Tanta roba. Ma non fu tutto rose e fiori: nei primi di marzo 1981, con il Barça che lottava per il primo posto, ci fu l’ombra del misterioso rapimento di Quini per mano di una banda poi sgominata tra la Svizzera e Saragozza.

“Lo ritrovarono dopo tre settimane: lieto fine per lui ma non per la squadra, che nel frattempo andò nel panico e perse il campionato. Mi ricordo Simonsen che diceva: -Assurdo, in Danimarca non rubano nemmeno le biciclette fuori di casa e qui ti portano via i giocatori-. Tutta la faccenda aveva scioccato anche me: al Barcellona non mi considerava nessuno tranne Quini, era l’unico che si metteva a parlare con quel ragazzino che andava in ritiro con i grandi. È venuto a mancare quest’anno, ci sono rimasto male.” Quella stagione si concluse con il trionfo in Copa del Rey proprio grazie alla doppietta di Quini.

Per Herrera, fu l’ultima di una straordinaria carriera da allenatore. Vincente perché all’avanguardia, non solo per quel che riguarda la tattica. “Non è un caso se mio padre era in sintonia con Facchetti mentre si scontrava spesso con le primedonne dello spogliatoio. Ve lo ricordate Angelillo? Erano altri tempi: i giocatori fumavano, bevevano, sregolati e dissoluti. Herrera all’Inter cambiò tutto questo. Regolava la vita dei suoi ragazzi e la stessa cosa la fece poi con me. Diceva -A letto alle 10!- e controllava che tutti fossero andati a dormire presto. La squadra andava a cena? Non si mangia questo, non si beve quell’altro, c’è il ritiro. Una volta stava valutando se far comprare Boniek alla società. Lo vide fumarsi una sigaretta e cambiò idea. Solo il Mago.

E domani Helios per chi farà il tifo? “Mixed feelings. Certamente ho una grande simpatia per l’Inter. Ma anche per il Barcellona: quello del Camp Nou con papà è un ricordo a cui sono affezionato. Quindi che vinca il migliore!" Cioè chi attacca per primo, direbbe Helenio Herrera.



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