Da bambino si allenava ore e ore sul campo del Torrimpietra, la sua prima scuola calcio che ora non c’è più, per provare a fare le rovesciate. Lo aiutavano il papà e Vasco, il custode dell’impianto che per lui è stato come un allenatore. Insegnamenti che Kayro Flores Heatley si è portato dentro per sempre, fino al pareggio firmato con il Monopoli, quando quel gesto tecnico è affiorato come un ricordo. Un moto istintivo di rara bellezza: “Quando ho stoppato la palla è rimbalzata, pensavo fosse rimasta sospesa lì un’eternità, solo quando ho rivisto il video ho capito che si era trattato di una frazione di secondo – racconta Heatley a Gianlucadimarzio.com – in quell’istante ho capito che avrei potuto solo segnare in rovesciata e cosi è stato”.
Terzo gol stagionale per l’attaccante classe ’98 della Cavese, il primo in rovesciata di tutta la sua carriera: “Per fortuna quelle ore spese a provarle alla fine sono servite”. Guai però a paragonarla a quella di Ronaldo, come ha provato a fare qualcuno: “Ma non scherziamo, quella ero molto più difficile. Non posso essere paragonato nemmeno all’1% a quel fenomeno”. L’umiltà al primo posto, anche quando deve provare a sognare: “L’unica cosa che spero è di non avere rimpianti. Non voglio trovarmi a dire ‘se mi fosse allenato di più forse…’ Do sempre il massimo per questo. Non voglio nemmeno farmi castelli in aria, quello che viene viene. Certo, se poi dovesse arrivare la Serie A sarei felice naturalmente”.
Per ora prova a fare la differenza in Serie C, e la Cavese è la sua Champions League: “Abbiamo dimostrato di sapere giocare bene a calcio, siamo una squadra compatta e competitiva”. Seconda punta veloce e tecnica, Heatley si ispira ai migliori: “Non ho un modello specifico, prendo spunto da molti, Cavani e Suarez su tutti”. Nato alle porte di Roma in un mix di culture differenti: papà del Nicaragua, mamma inglese: “Sono venuti entrambi in Italia per studiare, si sono innamorati uno dell’altro e anche di Roma”.
Il papà è un musicista, suona le percussioni e ha formato un’orchestra di salsa e jazz chiamata Yemayà. Una passione che non poteva non contagiare anche Heatley: “Fino a quando non ho conosciuto il calcio la cosa che più amavo fare era suonare le percussioni con papà. Poi ho iniziato a suonare il pianoforte da autodidatta spinto anche da mia sorella”. Flores ascolta Einaudi, il rap, il reggaeton e quando si trova davanti un pianoforte non può fare a meno di suonarlo: “Mi capita anche in ritiro, è una cosa che mi rilassa”.
Ha iniziato a giocare nella squadra del quartiere, il Torrimpietra, poi è passato nelle giovanili della Lazio: “Sono rimasto fino ai Giovanissimi, è stata una bellissima esperienza”. A Roma ci torna spesso, soprattutto per trovare i parenti. La vita in rovesciata di Heatley è partita da Roma e chissà dove lo porterà: “Ho la cittadinanza italiana, inglese e presto avrò anche quella nicaraguense: mi piacerebbe giocare in una delle tre nazionali”. Intanto il futuro è alla Cavese, un passo alla volta, fino alla prossima rovesciata.