Si chiama Nicolò. Nicolò Zaniolo. E coloro a cui è sorto il dubbio su chi fosse quel ragazzo della Roma convocato da Mancini in nazionale senza aver nemmeno mai esordito in A, impareranno a conoscerlo. Ne è sicuro Cristiano Masitto, ex allenatore di Zaniolo ai tempi degli Allievi Lega Pro della Fiorentina ed ora al Castelvetro in D. Masitto ha rappresentato una figura fondamentale nella crescita calcistica e umana del giocatore in un momento abbastanza delicato. All’inizio infatti fu tutt’altro che semplice con quel ragazzino col viso da bambino e i muscoli delle gambe già da giocatore vero: “Quando conobbi Nicolò era ancora ‘giovane di testa’. A quei tempi gli mancava la cultura del lavoro calcistico. Aveva un atteggiamento un po’ superficiale in allenamento, quasi di sfida. Intendiamoci: non era maleducato, tutt’altro, ma cercava di attirare l’attenzione nel modo sbagliato – ha raccontato Masitto in esclusiva a GianlucaDiMarzio.com -. L’anno prima non giocò molto. E inizialmente anche con me non andò diversamente. Anzi… Durante le prime cinque partite di campionato non lo feci giocare nemmeno un minuto”.
Tanta panchina nonostante una qualità innegabilmente superiore. “Vedevo che era davvero forte ma si doveva guadagnare tutto sul campo. Lo dissi anche al padre che il ragazzo aveva doti eccezionali ma doveva imparare a conquistarsi il posto tutti i giorni”. Così è stato: messaggio recepito. Niente più capricci ma solo tanto, tanto lavoro. Zaniolo è maturato. “Quando ha iniziato a giocare, non ha più smesso. Fino a diventare addirittura vicecapitano. Da talento che quando perdeva palla magari si fermava, si trasformò nel primo a rincorrere gli avversari”.
Fu una stagione indimenticabile e di crescita esponenziale per Zaniolo. In un gruppo che Masitto definisce tutt’oggi “bellissimo, quasi una famiglia. Dopo le trasferte, indipendentemente dal risultato, mi mettevo in fondo al pullman con loro perché mi piaceva che si aprissero e si raccontassero – continua l’ex allenatore viola -. Spesso mi parlavano anche di come conquistavano le ragazze e venivano fuori cose bellissime. Ricordo che anche in quell’ambito Nicolò era uno dei più ‘amati’. Non nascondo che ci fu della commozione in occasione della cena di fine anno quando dovemmo salutarci”.
Le loro strade si sono separate ma l’allenatore e quel ragazzo che “col suo viso da bambino riusciva a fregare chiunque” si tengono sempre in contatto. “Ci sentiamo spesso e ogni volta mi tocca minacciarlo perché non ho ancora ricevuto la sua maglia”, afferma Masitto con una risata. Vedere Nicolò in Nazionale dev’essere una bella emozione anche per lui: “È stata una sorpresa ma fino a un certo punto. Secondo me è una sana provocazione da parte di Mancini visto che il ragazzo non ha ancora esordito in Serie A”.
Masitto se lo sentiva. “Nicolò era già un ragazzo importante all’epoca: aveva il calcio nel DNA. Sa rendere facili le giocate più complicate. Ma soprattutto vedo ancora oggi nei suoi occhi una rabbia e una fame quando gioca che ho visto davvero in pochissimi altri. Ha tutto: personalità, tecnica, forza ed è forte anche di testa”. Nessun dubbio riguardo a chi attribuire il merito di questa escalation: “È tutta farina del suo sacco. Si è conquistato tutto senza che nessuno gli regalasse mai niente: è questa la sua vera arma in più”. Ovvero, ciò che farà conoscere anche ai più scettici chi è davvero Nicolò Zaniolo.