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Data: 17/01/2016 -

Gol nel derby e... addio? Il sabato di Trotta: tra panchina, l'euforia di Avellino e la Serie A che chiama

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Può essere il finale che soltanto i grandi sanno regalare. In un parallelismo cinematografico, potremmo dire che Marcello Trotta è un po' come i grandi regista-attori della storia. Uno capace di saper creare suspance, quasi ansia e poi, tac, regalare il colpo di scena. Quello che, poi, a dire il vero, spesso finale finale non si rivela quasi mai. Quello che, aspetti e aspetti, ma qualche altra cosa succede. Ecco, Marcello Trotta è un po' così. Come Woody Allen, appunto, sa recitare, dirigere, far divertire, comporre. Recitare in campo (da attore-protagonista, chiaro), dirigere l'Avellino caricandosela sulle spalle, far divertire i tifosi e comporre gioco e, in questo caso, una piccola paginetta di storia. Il suo sabato, scena major di un film destinato a restare nella memoria della gente per un po', è andato così. Attilio Tesser nel derby con la Salernitana aveva deciso di mandarlo in panchina. E, con qualche mezza misura, l'allenatore biancoverde aveva spiegato pochi minuti prima del match che anche il mercato - se non soprattutto - aveva influito sulla sua scelta. Passa un tempo, la cornice è incredibile, il Partenio è colorato e addobbato a festa, quasi come un capodanno posticipato di un paio di settimane, eppure in campo l'Avellino punge poco e, anzi, rischia di andare sotto. Così, dopo dieci minuti di secondo tempo, Tesser dà uno sguardo alla panchina. Marcello ci era stato fino a quel momento, accettando di buon grado la scelta ma con una voglia di giocare che si faceva di minuto in minuto più pressante nel suo io. E finalmente il suo momento arriva. Quindici minuti, un quarto d'ora, poco più. E' questo il tempo che ci impiega ad elevarsi a protagonista di quel film, tra l'altro sequel dell'horror (per l'Avellino) visto all'Arechi all'andata. Un gol facile facile, con un movimento perfetto, da attaccante vero e soprattutto da chi ha voglia di fare, di mettersi in mostra, di dimostrare che il mercato, da buon professionista, riesce a tenerlo lontano quando c'è un prato verde sotto ai piedi ed un pallone da mandare in rete. Prima conclude, poi si mette anche i panni del rifinitore. Del costruttore, del compositore, sì, proprio alla Woody Allen. Il suo gol manda in estasi il Partenio, dove si sente urlare il suo nome, così come quello di tutta la squadra. E' l'entusiasmo dopo la (sua) pacatezza, l'euforia dopo la panchina, la tempesta tutta personale di Trotta dopo la quiete dell'isolamento in panchina. E' semplicemente lui, Marcello, capace di segnare dieci gol quest'anno, cinque assist e, appunto, essere l'attore-protagonista della squadra. Ecco il ritorno del paragone cinematografico. E può essere l'uscita di scena più bella. Il Sassuolo ha un già un'intesa di massima con l'Avellino e l'affare nelle prossime ore può essere definitivamente chiuso. Così, nel suo sabato da storia del cinema, Marcello ci ha messo anche la Serie A, quel paradiso calcistico, che continuamente chiamava. Un tarlo nella testa, lasciato giustamente da parte. Un caso psicoanalitico quasi. Ah, sì: Woody Allen amava anche la psicoanalisi. Il protagonista Trotta, invece, forse adesso avrà da studiare su un palcoscenico sicuramente più emozionante. Marcello potrebbe aver trovato la sua Hollywood.


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