"Nada es para siempre", avrà probabilmente detto in spagnolo mamma Mabel all'ormai quarantaduenne Robert. Tradotto: "Nulla è per sempre". Perchè per ogni cosa esiste un inizio, un durante ed una fine. E così, tra mille pensieri e titubanze, anche Robert Pires ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo per "lasciare spazio ai giovani", come rivelato dallo stesso in un'intervista a 'BeIn Sports'. E che colpo al cuore per gli amanti del calcio di inizio anni 2000.
Anche l'ultimo superstite della vittoria francese ai Mondiali del '98 e degli Europei del 2000, l'angelo coi piedi "a papera" figlio di immigrati (padre portoghese e madre spagnola) capace di giocate mozzafiato ha deciso di dire basta col calcio giocato. Sì, perchè Pires non è mai stato uno dei tanti: fin dai primi anni di carriera al Metz lasciava trasparire una classe impareggiabile, maturata poi a Marsiglia e definitivamente sbocciata ma allo stesso tempo leggermente oscurata all'Arsenal, dove doveva condividere il ruolo di fenomeno con gente come Bergkamp ed Henry. Ah, quell'Arsenal degli invincibili. Altro colpo al cuore. 49 match senza sconfitte tra il 2003 ed il 2004, ai quali Robert contribuì tra corse sulla fascia, assist e gol, in uno stadio mistico e leggendario come Highbury, vincendo due campionati e 3 FA Cup.
Poi l'addio ai 'Gunners' causato dall'età, ma non prima di aver acquistato un appartamento nel complesso residenziale sorto al posto dello storico impianto. D'altronde, chi ama non dimentica. "Correva strano, coi piedi larghi, ma quando gli arrivava la palla si trasformava in un ballerino", racconta di lui Arsene Wenger, l'allenatore che consacrò definitivamente il talento di Pires e che lo soprannominò 'canard', ovvero 'papera', proprio per questo motivo. Una carriera vissuta in giro per il mondo, dagli inizi in Francia tra Metz e Marsiglia, passando per l'Inghilterra con Arsenal ed Aston Villa, fino al Villarreal in Spagna, con l'India, al Goa FC, come ultima tappa.
Tanto genio, poca sregolatezza, ma che personalità. Famoso è il rigore a due con Henry fallito contro il Manchester City, tornato probabilemente in mente di recente grazie allo stesso gesto (conclusosi con esito opposto) messo a segno da Messi e Suarez. Non fu una bella figura, ma di certo mostrò tanto carattere. Per non parlare di ciò che accadde dopo la vittoria del Mondiale con la Francia, quando insieme al resto della squadra fu convocato al cospetto di Chirac per ottenere la Legion d'Onore: "Io, lo sporco portoghese, figlio di immigrati, decorato dalla Repubblica Francese - dichiarò Pires in una celebre intervista - Mi nascosi nel giardino e chiamai i miei: 'Indovinate dove sono? Sto da Chirac!'". Un gesto che passò alla storia, ma che per lui ebbe una valenza doppia, visto che poco tempo dopo intervenne nel dibattito politico tra Le Pen e Chirac, schierandosi a favore proprio di quest'ultimo e minacciando un eventuale boicottaggio del Mondiale da parte dei giocatori di origine non francese in caso di vittoria dell'estrema destra.
Dietro alla genialità calcistica rara, viveva un carattere indiscutibilmente forte e deciso. Lui, che per quella maglia bleu della Francia avrebbe fatto ogni genere di sacrifico, al di là delle origini e che, a causa di quella stessa Nazionale visse le gioie più grandi, ma anche i dispiaceri più forti. 79 presenze condite da 14 gol non bastarono per convincere Domenech, particolarmente "succube delle stelle", a convocarlo per il Mondiale in Germania del 2006, proprio perchè il Ct stesso non era dell'idea di chiamare giocatori del segno dello scorpione; per non parlare dei Mondiali 2002, saltati a causa della rottura del legamento crociato. Ma di concludere la carriera anzitempo a causa di queste delusioni proprio non ne voleva sapere anzi, ciò lo spinse ancora di più a guardare verso nuovi orizzonti. Pensate che durante una vacanza a Mykonos, mentre si trovava in tribuna per il match tra Storm Rafina e AO Mykonos, quando la squadra di casa si trovava sotto di un gol alla fine del primo tempo, qualcuno pensò bene di chiedere allo stesso Pires di scendere in campo. "Assurèment!", tradotto "certamente!": tempo di vestire gli scarpini e via, di corsa in campo, con la consueta eleganza e spensieratezza. Risultato? Un gol e un assist: partita ribaltata.
A noi piace ricordare così quel giocatore coi piedi "a papera", passato alla storia come uno degli esterni di fascia più forti di sempre, che grazie alle sue giocate è riuscito a far innamorare gli amanti del calcio, rientrando di diritto nell'Hall of Fame dei romantici di questo sport. "Niente è per sempre", ma per le leggende il discorso è leggermente diverso.
Alberto Trovamala